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La caccia al bosone: società e scienza


Segniamoci questa data, 4 luglio 2012: è destinata a entrare nella storia della scienza e, forse, nella storia umana in generale. Oggi i ricercatori del CERN hanno annunciato in una conferenza stampa seguita sul web in tutto il mondo la confermata presenza nei loro rivelatori delle tracce relative a una particella con caratteristiche compatibili a quelle del bosone di Higgs: se ne era già parlato a dicembre ma oggi c’è una conferma definitiva, quella che mette una firma in fondo a una relazione e che invita a voltare pagine sui libri di storia della scienza.

Il bosone di Higgs è stata una particella elusiva e ricercata degli ultimi trent’anni: il riscontro avuto con questi ultimi esperimenti giunge quindi a coronare una lunga serie di test e lavori, compiuti da numerosi studiosi e da molti team, susseguitisi nella caccia più importante della fisica contemporanea.
Ma cos’è il bosone di Higgs? L’articolo di Repubblica linkato è abbastanza preciso, quindi non mi dilungherò troppo. Qui è sufficiente ricordare che si tratta della particella che conferisce la massa alle altre particelle, quando queste interagiscono con il campo di Higgs, formato appunto dai bosoni.
La vera domanda è: perché è così importante questa particella?

In primo luogo, Higgs era l’unica particella mancante tra quelle ipotizzate nel Modello Standard, l’attuale teoria di riferimento nel campo della fisica delle particelle. La sua presenza, oggi confermata, consolida il MS e indica ai fisici la strada su cui mantenersi, almeno per ora.
Inoltre la sua massa, 125 GeV, fornisce importanti indizi sulla natura dell’universo, sul suo destino e sulle sue proprietà. Insomma, si tratta di una pietra discretamente importante per la cattedrale della scienza.

Ora ci attendono, però, le reali conseguenze: pur consci che nessuna teoria può mai essere confermata, i fisici sanno che stanno lavorando in una direzione probabilmente valida e che le loro ricerche possono aprire ulteriori porte nella conoscenza della natura.
La scoperta è importante anche per ciò che non comporta: non ci sarà, al momento, alcun cambio di paradigma. Se fosse stata trovata una particella molto diversa, o non si fosse trovato nulla, il Modello Standard avrebbe subito critiche e cambiamenti tali da condurre a nuovi esperimenti e all’esplorazione di altre vie di ricerca. Questo, prima o poi, avrebbe portato a una nuova struttura teorica che avrebbe plausibilmente trovato appigli completamente diversi da quella attuale..
Intendiamoci, il cambiamento prima o poi avverrà comunque e Higgs non è certo un “ritardante negativo”: anzi, si tratta di una brillante conferma dell’intuizione umana nello spiegare la natura dell’universo di cui facciamo parte.

La ricerca si conferma così un elemento importante nel definire la società. La teoria della Relatività ha innovato profondamente l’immaginario comune e così ha fatto la meccanica quantistica. Oggi il bosone di Higgs, già parte di questo immaginario, irrompe sulla scena, donandoci un nuovo argomento che dovrebbe riempire le pagine dei quotidiani (ma noi saremo sicuramente più impegnati a parlare d’altro).
Credo che, ancora una volta, l’importanza della cultura scientifica per la nostra società sia stata confermata. Oltretutto le conseguenze indirette della scoperta saranno moltissime: già da tempo la ricaduta tecnologica delle ricerche del CERN sono nelle nostre case – i protocolli http ne sono un esempio – e anche la sfida di LHC porterà sicuramente novità utilizzabili per migliorare la vita di tutti. La conoscenza più approfondita dell’universo e dei suoi meccanismi, poi sicuramente ci insegnerà come sfruttarli al meglio.

Una parentesi di cultura e intelligenza: Higgs, genio indiscusso della fisica teorica, ha sempre rifiutato e condannato l’impiego del soprannome “particella di Dio” per il suo bosone, sostenendo che potesse essere offensivo per i credenti. Margherita Hack ha dichiarato, invece, che “quella particella è Dio”. Senza nulla togliere alla cara Margherita, lo spessore intellettuale – e intellettivo – tra chi probabilmente vincerà un nobel e chi, invece, di strada con la ricerca ne ha fatta poca direi che si vede anche dal rispetto per le opinioni altrui. D’altronde, si sa, i migliori scienziati sono quelli curiosi e aperti al confronto.

 
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Pubblicato da su 4 luglio 2012 in Divulgazione scientifica, Sproloqui

 

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Higgs… o non Higgs?


Il CERN è stato protagonista del rimbalzare di una notizia che, a seconda di chi l’ha riportata, è suonata come una svolta storica. Tuttavia, a discapito di quel che dicono certe testate, del bosone di Higgs non c’è ancora traccia definitiva.

Ieri il seminario dei coordinatori di Atlas e Cms, due degli esperimenti di Lhc al Cern, hanno annunciato che “c’è qualcosa” tra 116 e 127 GeV: alcuni hanno tradotto “qualcosa” con “bosone di Higgs” ma i ricercatori non ne sono così certi. Almeno, non lo dicono in pubblico: tra le righe si può senz’altro leggere la comune sensazione che quell’eccesso di materia sia la traccia lasciata dal fantomatico bosone, ma le prove sperimentali non lo dicono con sufficiente certezza da poterlo affermare in pubblico. Per ora.
La cautela, insegnano i vecchi maestri, è la prima dote del ricercatore che vuol far carriera: con Higgs la carriera è assicurata, diciamocelo.

La caccia a questa particella fondamentale ha due ruoli, essenzialmente entrambi centrali per la fisica contemporanea: da una parte si tratta di trovare la particella che, stando al Modello Standard, l’attuale sistema teorico della fisica elementare, conferisce massa alle altre particelle e, quindi, a tutti i corpi; dall’altra la sua presenza confermata sarebbe una corroborazione determinante per l’accettazione del modello stesso, un po’ la prova mancante.
Non mi metterò a parlare di “confermare le teorie scientifiche” o Popper si ribalterà nella tomba: diciamo, però, che l’uso di corroborare costituisce il dovuto rispetto e distacco. Però se Higgs fosse trovato e combaciasse con MS… ecco, sarebbe una prova importante che consentirebbe di usare il modello ancora a lungo. Fino a che qualcuno non dimostrerà che non funziona (e prima o poi accadrà: è solo questione di tempo).

Insomma, è veramente una “particella divina”, perché detiene nelle sue piccole manine il futuro della fisica delle particelle… e non solo. Dalla sua esistenza dipendono anche preziosi indizi sulla genesi dell’universo e sulla natura intrinseca della materia; se non fosse confermato, si aprirebbe una voragine che dovrebbe essere riempita da nuove teorie e, al momento, i fisici sembrano concordi nel non trovare nulla di altrettanto convincente del Modello Standard.
Interessante però notare come gli italiani siano sempre in mezzo alle buone notizie scientifiche, soprattutto in fisica, anche se poi si dimenticano di loro quando è il momento di premiare qualcuno (cfr. Cabibbo): oggi Higgs, quest’estate i neutrini… non credo sia casuale. Anche se Profumo non parlerà di tunnel per bosoni da affiancare a quello per neutrini, il ruolo del nostro paese dovrebbe farci riflettere: pur nelle ristrettezze e nel totale disinteresse degli ultimi governi, la ricerca italiana riesce ad andare avanti e dimostra di essere forte e ricca di competenze. Forse dovremmo andare a investire lì, innovazione e ricerca prima di tutto, anziché disperdere fondi altrove.

Comunque sia: ho scritto un articolo su Higgs, meno lieve e più giornalistico: è su Daily Blog e ve ne consiglio la lettura.
E se volete approfondire l’argomento… non dovete che chiedere!

 
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Pubblicato da su 14 dicembre 2011 in Divulgazione scientifica

 

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Diamanti galattici!


La notizia è risuonata in questi giorni sul web ma qualcosa di simile era già datato 2004. Un corpo celeste, distante migliaia di anni luce, è perlopiù composto da carbonio cristallino purissimo.
Diamante.
Le enormi trasformazioni fisico-chimiche che avvengono nello spazio spesso giocano scherzi di questo tipo e accendono la fantasia di noi terricoli. D’altronde i diamanti si generano anche sulla Terra in condizioni estreme; per dare quel tipo di regolarità al carbonio – che preferirebbe ordinarsi per piani, sotto forma di grafite – servono pressioni notevoli e non meraviglia che proprio nello spazio, dove le condizioni più estreme rispetto al nostro habitat sono frequenti, si possano trovare “sorprese” come questa.

Sicuramente la scoperta non cambierà il mercato mondiale del diamante; raggiungere quel che resta della stella e che orbita attorno a una pulsar è impensabile e, anche fosse possibile, avrebbe un costo proibitivo (e tempi abbastanza lunghi). Ci aiuta, però a riflettere sulla nostra economia e su come si tratti di un sistema del tutto convenzionale. Come ogni convenzione, al variare delle condizioni iniziali mette in luce tutta la sua debolezza.
Se il diamante fosse meno raro, avrebbe indubbiamente meno valore: è una constatazione banale. Eppure siamo abituati a considerare gli oggetti preziosi, preziosi di per se stessi. Ricordarsi che non è affatto così – se domani scoprissi che sotto casa mia c’è un pozzo dove si trovano miliardi di tonnellate di diamanti purissimi, il loro valore sul mercato crollerebbe e io sarei ricco comunque – ci stimola a riflettere non sulla stabilità della nostra economia quanto sul buonsenso che vi si trova alla base.

Chiudiamo parlando ancora un po’ di scienza: la teoria per cui le stelle potrebbero avere, in alcuni casi, un “cuore” di diamante è datata anni ’60. Ha un suo senso: il carbonio è prodotto elle fasi più avanzate della vita dei corpi celesti, quando si fondono elementi ben più pesanti del classico idrogeno. Sono fasi di compressione per le stelle, quindi le forti pressioni non mancano. Pensare che gli elementi più pesanti scendano verso il centro della stella non è impensabile… sono dubbi e sistemi che gli astrofisici ci chiariranno a loro tempo. Questa, d’altronde, è una stella di natura ben diversa; buona parte degli elementi più leggeri le sono stati strappati dalla sua vicina, il carbonio è tutto quello che le è rimasto. Per farsi veramente bella, allora, ha rinunciato ala scura e fragile grafite per splendere di luce – riflessa – diventando diamante. Uno scambio che l’ha resa per noi celebre e ammirevole.

 
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Pubblicato da su 29 agosto 2011 in Curiosità, Divulgazione scientifica

 

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Il Tempo è Relativo! E la sveglia della scienza suona in orario?


Che il tempo non fosse esattamente una costante ce l’aveva detto già Einstein, un secolo fa (già passato così tanto tempo?); anzi, ci aveva chiarito che il tempo non è per nulla costante ma lo “subiamo” in funzione del nostro movimento relativo. Un po’ come se la lettura di questo articolo dipendesse dalla velocità con cui il lettore corre i cento metri; Bolt sarebbe avvantaggiato.
Ne abbiamo avuto una conferma men che scientifica in questi giorni, grazie ad alcuni eventi siciliani che definirei… pittoreschi. Vi link l’articolo che ha sollevato la mia curiosità, potete leggero a questo indirizzo: il Corriere ci rende noto che in Sicilia, soprattutto a Catania, gli orologi corrono veloci, più veloci della terra, e guadagnano dai cinque ai quindici minuti sull’orario ufficiale. Un bel dilemma e un problema anche di ordine pratico, basti leggere l’articolo e il riferimento alle difficoltà bancarie dell’isola; spero che le Poste non usino questo fatto per scaricare le colpe sul tempo relativo, visti i danni causati dai loro nuovissimi server. O forse che i nuovi server proprio a Catania sono stati attivati?

La notizia è curiosa e stimola la fantasia; possiamo immaginare i giganteschi campi magnetici del magma vulcanico che influenzano lo scorrere del tempo, se vogliamo una soluzione scientifica. Possiamo, se la nostra fantasia è più virtuosa, dar adito alle teorie circa spedizioni aliene e relativi rapimenti, con rilocazione imprecisa dei fortunati abitanti, quasi fossimo in un X-Files. E come nel telefilm, si inseguono voci, congetture, teorie strambe e incertezze.

Ciò su cui vorrei fermarmi a riflettere, questa volta, non è tanto il problema in se ma l’ignoranza: vorrei parlare non tanto della credulità popolare – così diffusa – quanto dell’ignoranza generale che coglie l’umanità di fronte a piccoli incidenti come questo.
La scienza ci ha abituati a vivere in un mondo ordinato, di cui si conoscono i meccanismi e che si fonda su diversi principi di azione-reazione. Alcuni di questi possono essere immensamente complicati e inarrivabili senza anni di studio alle spalle, ovviamente; eppure sappiamo che una spiegazione la scienza può darla a tutto e che nulla la lascia indietro perché, bene o male, una teoria che si adatti a spiegare un fenomeno si trova. O si troverà entro breve.
Fatti come questo, fatti che contraddicono non oscuri teoremi di fisica delle particelle noti a circa duecento persone su tutto il globo ma che urtano le più radicate convinzioni, l’esperienza quotidiana di miliardi di persone e lo stesso buonsenso (critico) di cui tutti usufruiamo, sono come un bagno di umiltà che dobbiamo accogliere con piacere. Non una doccia fredda fastidiosa come una secchiata d’acqua mentre arbitri una partita a dicembre ma una pioggerellina primaverile che ti rinfresca durante gli allenamenti estivi. Con questo spirito penso si debba accogliere ogni novità in scienza: lo sguardo della curiosità.
Qualcuno potrebbe rispondere che è ben questo lo sguardo dello scienziato: un bambino curioso che sbircia oltre il parapetto della finestra cercando di capire come sia fatto il mondo al di fuori della sua piccola casetta. Beh, si… è una bella teoria. Qualcuno la mette in pratica.
Eppure conosco molte persone che si rinchiudono nelle loro certezze – e parlo di studenti di discipline scientifiche, neo ricercatori, aspiranti ricercatori, etc – e professano l’inviolabilità della loro disciplina, la sua assoluta validità, l’immutabilità dei criteri e delle teorie. Insomma, fanno il contrario di quello che suggerisce Popper ed esattamente quello che teme Feyerabend, al quale forse andrebbe dato maggior credito; penso abbia descritto la comunità scientifica reale con un’accuratezza che altri autori hanno evitato, forse volontariamente, perché metteva in crisi la loro teorizzazione riguardante la scienza. Insomma, torniamo al discorso di prima

Abbiamo con questi piccoli fenomeni l’occasione per sfidare le nostre conoscenze, metterle alla prova e verificare se davvero le nostre teorie funzionano: io dico di usarli! Certo, sono “casi limite” ma è proprio su questi punti oscuri che una teoria prova la sua validità o decade. Le osservazioni più comuni possono essere spiegate da molte teorie, ne sono convinto, ma solo le teorie più salde e valide possono aggiungere ai loro successi anche questi tasti molto dolenti. Non sono occasioni da sprecare, non credete?
La peggior cosa che può capitarci, in fin dei conti, è scoprire che ci sono dei dischi volanti sotto l’Etna: o un fabbro di nome Vulcano.

 
 

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1000 secondi di antimateria!


La notizia è passata un po’ sottotono in questi giorni di intensa bagarre politica, anche se è strano che i TG allineati al nano non l’abbiano proposta in prima pagina – assieme a qualche importantissima manifestazione culturale da spiaggia – per attirare lì l’attenzione, anziché sui referendum.
ma questo è un altro discorso. Oggi parliamo di fantascienza.
Quasi.
Perché da qualche giorno è molto meno fanta- e molto più -scienza

.

Non si parla ancora di questo, ok, ma ci stiamo avvicinando.

Veniamo ai fatti: al CERN sono riusciti a creare trecento atomi di anti-idrogeno e a mantenerli stabili per circa 1000 secondi, poco più di sedici minuti. Un successo veramente notevole per la fisica contemporanea, sia dal punto di vista tecnologico – il contenimento ha funzionato – sia dal punto di vista della fisica teorica.
facciamo un paio di passi indietro.

Antimateria
Si tratta di materia speculare, composta da antiparticelle, il contrario delle nostre particelle.
Un atomo di idrogeno è composto da un protone e un elettrone: un atomo di anti-idrogeno è composto da un antiprotone e da un positrone (antielettrone).
Dobbiamo la sua teorizzazione a Dirac che assegna a queste particelle i valori negativi emersi dalla risoluzione dell’equazione di Schrödinger; dalla teoria discesero poi conferme sperimentali che attualmente ci consentono di accettare la teoria e utilizzarla nel campo dello studio delle particelle.
L’antimateria è speculare rispetto alla materia; il positrone porta una carica positiva, mentre l’elettrone ne porta una negativa. Similmente, l’antiprotone ha carica negativa e il protone positiva.
Ancor più interessante l’interazione tra materia e antimateria: se vengono a contatto si annichiliscono, ovvero si convertono in energia, distruggendosi. Questo comporta notevoli problemi nel suo studio perché non può esistere se non perfettamente isolata dalla materia. Ma ci arriveremo.
L’interessante della teoria è che, a parte le forme convenzionali come la carica, l’antimateria dovrebbe avere un comportamento identico a quello della materia. Si dovrebbe aggregare in atomi e poter esistere, se parata dalla materia. E’ vero? Funziona realmente così nell’universo? Sono queste le caratteristiche dell’antimateria? Lo studio è in corso e l’obbiettivo è proprio questo. L’affascinante è che l’argomento si ricollega a stretto giro con la natura e la nascita del nostro universo. Se materia e antimateria sono identiche, perché l’universo è composto di materia e non di antimateria? Se la teoria del Big Bang è vera, cosa ha creato questo scompenso iniziale? c’è una differenza di fondo che ha permesso questa “scelta” o è stato solo il caso?
Sappiamo che l’antimateria esiste nel nostro universo, anche se in quantità minima. Nelle fasce di Van Allena se ne accumula un poco, alcuni antiprotoni giungono a noi come prodotto delle reazioni solari. Non ci basta, dobbiamo scoprire perché questa enorme divergenza quantitativa. Perché siamo fatti di materia?

Separazione
Come avrete intuito, è essenziale tenere materia e antimateria separate se le si vuol studiare. Trattandosi di particelle cariche, fin qui si sono adottate tecniche magnetiche ed elettriche; generando i dovuti campi nella zona dove si producono queste particelle è possibile tenerle isolate dalla materia, almeno per un po’. Lo scopo è riuscire ad arrivare a un tempo sufficiente a studiare le interazioni tra queste particelle, tra questi atomi, per capire se rispondo correttamente alla teoria o se il modello è da ricostruire o modificare.
Dice l’articolo di Repubblica al riguardo: “La ‘trappola’ per l’antimateria usata dall’esperimento Asacusa si chiama Cusp e funziona grazie a una combinazione di campi magnetici che costringono antiprotoni e positroni a stare insieme per formare atomi di anti-idrogeno. Gli anti-atomi così ottenuti vengono incanalati in un sorta di “corridoio” vuoto dove i piccoli fasci di anti-idrogeno creati in questo modo possono essere studiati “in volo”“.
Affascinante, indubbiamente. Molto interessante…
E indirettamente utilissimo: come sempre la ricerca sviluppa non solo il suo campo di intervento diretto ma fornisce un contributo tecnologico e indiretto a tutte le aree umane. Basti pensare ai protocolli http, sviluppati proprio al CERN per un più rapido trasferimento delle informazioni all’interno della primitiva rete. Questi esperimenti non si distanziano da quel modello di sviluppo: il loro contributo può essere davvero notevole.

Un po’ di fisica per il primo post a carattere scientifico; c’è voluto del tempo ma alla fine siamo arrivati anche a questo.
Credo che divulgare queste ricerche sia essenziale ben al di là di fare notizia; è importante che tutti comprendano l’utilità della ricerca, in ogni campo. Questo non solo per le ricadute dirette, come dicevo prima, ma anche (forse soprattutto) per quelle indirette. Ricercare mette alla prova e sfida le conoscenze umane, le competenze di questi piccoli ominidi. Ci costringe a fare del nostro meglio e a superarci, ponendoci sfide avvincenti.
Dobbiamo raccogliere queste sfide e vincerle e per farlo serve il sostegno di tutti.

 
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Pubblicato da su 6 giugno 2011 in Divulgazione scientifica

 

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