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Archivio mensile:luglio 2011

Poesia – due


A quanto pare, poetare va ancora di moda. Credo si tratti un po’ dell’effetto “letteratura italiana” ma sto estraendo dal cilindro un po’ delle mie vecchie poesie. Probabilmente dopo il weekend ne pubblicherò un’altra, dalla seconda – incompiuta – raccolta.
Se Requiem era triste, questa non è allegra. Dopotutto le opere di quella raccolta hanno quest’impronta; son si giovanili ma non per questo gioviali.
Vi lascio allora a riflettere su questi testi; spero che possano dire qualcosa non solo a me ma anche ai lettori peregrini.

 

Le prove dell’arcana sapienza
celiamo al mondo dei mortali
e racchiudiamo negli scrigni del sapere
le antiche leggende
o i progetti che saranno;
lenta, logora la carta
la pioggia e la luce della Luna,
ancor più sottile,
filtra attraverso un chiavistello incantato
sui rotoli di parole ora trascritte.
Così svanisce ciò che bramiamo,
una lenta dissolvenza
come di musica di liuto
da un suonatore in cammino che,
solerte, lascia la piazza
al prossimo numero.

 

 
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Pubblicato da su 29 luglio 2011 in Poesia

 

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Poesia – l’inizio


Ho scritto più poesie di quante ricordi, anche se sembra strano. Nel preparare letteratura italiana – si, l’ultimo esame, poi la laurea! – mi è tornata l’idea di farne qualcosa. Nel dubbio che siano vere schifezze – probabile, diciamolo – inizio a pubblicarne qualcuna qui.

Si tratta di testi abbastanza vecchi, risalgono ai primi anni del secolo/millennio, alcune addirittura al ’98-’99… ma sono una lettura interessante. Ho già messo da parte una raccolta intera, “Rotte di Viaggio”, che ha una sua organicità, a ben vedere. Non so, in realtà, quale valore artistico possano avere… quindi non tiratevi indietro con i commenti. E con gli insulti!

Oggi vi lascio Requiem, uno dei pezzi che mi piacciono di più; confido nel vostro buongusto!

Requiem

Stasera, bara e coperta
dei miei sentimenti, ho udito
lo schiocco d’un androne
chiudersi. Altri non era
che l’anello estremo d’una catena
lontana che s’apriva, svincolandomi
d’ogni futura riscossione.
Volare libero (sogno d’altrui giovinezze-
infanzie straziate ed ignoranti
della Verità)
m’è dato, sul nulla.
E il vento scuote e smuove
le mie ali di torpide piume giallogrigie,
altrimenti serrate d’un’unica morsa,
che non voleva dischiudersi.
E’ l’istinto l’aspetto più forte di me,
la conservazione sconfigge l’amore.

Ti sembra giusto?
Come tu, dimentica, domandi cosa fare
alla tua immagine, giacendo sognata
d’altri, io contorco
spirito e corpo in uno spasimo
d’ultima rena, quasi lasciata
alle Furie. Non mi giunge la risposta,
se non arcana, nel sottile
vento d’autunno che trascina via
l’ultimo caldo. E’ l’inverno,
stagione-mito e proiezione
del mio cuore d’oggi, che vedo
lontano tra le nubi comicamente
fosche sui monti e le ombre
grigioscuro d’asfalto passito.
La fine è così vicina.

 
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Pubblicato da su 27 luglio 2011 in Poesia

 

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[Letture 4] Michael Crichton


Ho un debito incolmabile con una persona che non ho mai conosciuto e che, purtroppo, non avrò mai occasione di conoscere. Senza Michael Crichton e i suoi romanzi il me che voi conoscete non sarebbe qui e non sarebbe così. Suona melodrammatico ma è la verità.
Crichton, con i suoi romanzi tecnologici e sociali, è stato un filo conduttore che ha tenuto il passo per lunghi anni e che ancora oggi ha uno spazio tutto suo nella mia vita. Altri romanzieri sono sopraggiunti, altri scrittori ho avuto modo di apprezzare – anche in maniera estatica, se ripenso alla Rowling o a King, soprattutto La Torre Nera – ma lo stile di Crichton, i suoi temi, il suo approccio, quelli restano e penso resteranno per sempre.

Ho iniziato a leggere Crichton quando ancora ero alle medie (inferiori): un brano di Congo era sulla mia antologia e ho finito per leggere tutto il libro. Pregevole, divertente, colmo di stimoli: innovativo per quello che ero abituato a leggere.
Poi venne Jurassic Park e fu vero amore; devo averlo letto una dozzina di volte, in definitiva, ed è il libro della mia prima adolescenza. Meglio quello, io credo, che Tre Metri Sopra il Cielo!

All’epoca fu lo stile diretto e rapido a colpirmi; oggi aggiungo che, probabilmente, a fare la differenza erano anche la documentazione – un uomo di scienza precisissimo, non c’è dubbio – e le tematichtecnologiche, moderne, quasi scientifiche. Se Grisham ha dato forma a un nuovo legal-thriller, Crichton ha inventato lo science-thriller (ricordiamo solo Sol Levante e Il Terminale Uomo).
Crichton mi ha insegnato che per scrivere bisogna saperla lunga dell’argomento in questione; e se non ne sai, devi informarti. E’ una regola che seguo sempre quando mi metto alla tastiera: non amo scrivere e parlare a caso, amo ancor più farlo circa argomenti che padroneggio al meglio (oppure scrivere palesemente della mia ignoranza, rendendola pubblica: ma è un altro discorso).

Credo che a Crichton debba essere attribuito un ampio merito circa la mia passione per la scrittura; un professionista della scrittura, si, ma anche un uomo con una forte formazione personale in altri campi, giacché era un medico. Non da poco per un romanziere da milioni di vendite…
Se scrivo e se mi piace scrivere, e se vorrei scrivere davvero, è per l’ispirazione che mi ha dato lui con la sua carriera e con i suoi libri.

Se qualcuno volesse dedicarsi alla lettura dei suoi romanzi, posso consigliarvi di iniziare da Jurassic Park; credo sia un buon punto di partenza. Andromeda è anch’esso pregevole ma risente degli anni di distanza; rimane comunque uno dei miei romanzi prediletti. Punto Critico, veramente recente, è secondo me sottovalutato e meriterebbe ben più considerazione. Sfera merita sicuramente una lettura ed è un’idea veramente nuova, rispetto ai canoni a cui siamo ormai abituati; farebbe innumerevoli lettori, se ben pubblicizzato.
Andrei avanti per ore e li elencherei tutti, quindi mi fermo qui. Vi consiglio, però, di leggere e rileggere a fondo… Cricthon merita, merita davvero e non troverete molti romanzieri all’altezza.
Quindi: buona lettura!

 
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Pubblicato da su 18 luglio 2011 in Libri

 

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Cristianesimo Razionale


Qualche settimana fa mi ero imbattuto per caso in questo sito e ne ero rimasto affascinato. Il progetto ha un che di interessante, è innegabile, e la tentazione di deridere i mai troppo derisi soggetti dell’UAAR è sempre forte. Questi ragazzi lo fanno con stile e ricevono la mia ammirazione, senza dubbio.

L’antipatia per l’UAAR non è affatto dettata da motivi religiosi, ci mancherebbe; predico e pratico la tolleranza e la libertà religiosa tipica di noi postconciliari e non credo che la mia fede debba essere generatrice di biasimo delle convinzioni filosofiche altrui (quantomeno finché queste convinzioni non esondano nel civilmente intollerabile). Ciò che irrita di questi ateisti – atei è limitativo per le loro pittoresche contestazioni – è la mancanza di rispetto verso persone che hanno posizioni differenti e divergenti dalle loro. Razionalmente dovrebbero comprendere che non tutti hanno identici occhiali con cui scrutare il mondo, eppure si comportano nel modo più irrazionale possibile, molto più di alcune anziane signore frequentatrici quotidiane di parrocchie, per le quali la fede si confonde spesso con la superstizione d’altri tempi. Insomma, si tratta di personaggi e posizioni ridicole che, inoltre, fanno in modo di smontare i loro assertori, noti per incoerenza e anche per una certa malafede.

Potrei elencare numerosi arditi praticanti di queste pratiche ridicole, tra scrittori, pseudo-divulgatori-biblisti e convertitori inversi: purtroppo alcune di queste pratiche hanno attecchito anche in persone che conosco ed è sempre un dispiacere sentir proferire da amici frasi di propaganda anti-cristiana. La propaganda, infatti, di per sé porta la menzogna, la falsità e l’inganno, oppure non sarebbe propaganda.

Non da molto ho sentito dire che un cristiano non può essere scienziato e viceversa; eppure l’elenco di scienziati che si dicono credenti – non sono cattolici – è lungo, ricco e notevole. Eppure la cristianità e l’Islam hanno costruito le basi dell’attuale pensiero scientifico, già dal medioevo. Non un caso, infatti, che proprio il medioevo sia dipinto come un’era di retrogrado dominio della Chiesa, che schiacciava animi, idee e posizioni per mantenere un dominio politico. Nulla di più falso; certi atteggiamenti sono tipici della Chiesa tridentina, lì si a difesa di interessi materiali, economici e politici, mentre tutto il medioevo ha visto l’opera ininterrotta della Chiesa cattolica – e della civiltà islamica – per esaltare la ragione e lo studio del Disegno divino (Creato compreso).
Ancora, tornano disquisizioni su Creazionisti ed Evoluzionisti. Io sono indubbiamente Creazionista, se andiamo a vedere, ma questo non esclude che ci sia stata l’evoluzione. Ormai sappiamo che i meccanismi evoluzionistici di Darwin non funzionano – e i biologici contemporanei faticano a mettere ordine nelle teorie evoluzionistiche – ma è ovvio che le specie viventi non sono immutate e immutabili, Diluvio a parte. Un’evoluzione c’è stata; per me il tutto risponde a un disegno divino. Il Padre ha creato il mondo e l’ha dotato di leggi proprie – quelle che noi chiamiamo leggi della fisica, della biologia, della chimica, etc – che noi oggi dobbiamo studiare. Obbiettivo e imperativo: cosa può essere più notevole, meritevole e degno di lode che non studiare la Creazione del Padre?
Non è forse nostro dovere metterci alla prova queste leggi, scoprirle per scoprire il Disegno? Con buonsenso, ovviamente, e con l’umiltà del figlio che si avvicina a qualcosa di più grande di lui, con il rispetto per questo disegno e per i valori che sono alla base del Creato. Scienza si, ma anche Fede.

Insomma, trovo molto più irrazionali questi ateisti che la maggior parte dei fedeli; mancano, dopotutto, di vera obiettività, di vera analisi senza preconcetti, di sincerità e onestà intellettuale. Sono, invece, avvelenati da un odio irrazionale che impedisce loro di raggiungere la reale serenità necessaria per discutere davvero di argomenti così delicati. I religiosi – e le religioni – non sono privi di errori; l’uomo è fallace e contamina anche il divino, potremmo dire, se crediamo veramente. Comunque sia, gli errori della Chiesa cristiana sono numerosi, ben noti e, alcuni anche ritrattati. Davvero importante è parlarne con rispetto, con serietà e senza preconcetti,da entrambe le parti. Le partigianerie, quando ci si confronta da sponde diverse, devono essere accantonate per dare spazio a un sano, reciproco e serio confronto.
Difficile che accada, finché ci saranno ateisti di questo tipo in giro… e anche alcuni credenti assurdamente rigidi.

 
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Pubblicato da su 17 luglio 2011 in Divulgazione scientifica, Sproloqui

 

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Marxismo e cristianesimo: un debito d’onore


Credo che dobbiamo molto al marxismo se il cristianesimo di oggi è quel che è.
Una dichiarazione così provocatoria richiede una spiegazione altrettanto forte e, anche se non sono ancora disposto a investire a fondo su questo punto, credo che meriti un approfondimento. L’argomentazione è tutt’ora in divenire ma ritengo meriti quantomeno l’affrontare un giudizio critico – e comparato – per poter uscire dall’empasse dell’auto-confermazione. Non è una meditazione comparsa dal nulla: piuttosto ho a che fare con una conferma giunta da voce autorevole; le letture di Karl Popper, argomento della mia tesi di laurea, hanno indubbiamente stimolato il processo e, sinceramente, devo all’epistemologo austriaco il fulcro del tema che illustrerò tra poco. La Società aperta e i suoi nemici: Hegel e Marx falsi profeti è indubbiamente la principale origine di queste pagine; vi rimando a pag. 237 dell’edizione Armando Editore per la lettura del testo integrale.

In primo luogo, dobbiamo prendere in mano il marxismo originario, quello che chiamo puro marxismo. Parlo del marxismo di Marx: eliminiamo ogni influenza posteriore, ogni elaborazione dei suoi discepoli, seguaci o epitomi.  Certamente l’influenza sociale di tutti questi fattori è stata importante – anche centrale, per il tema che trattiamo – ma è necessario partire da Marx per capirne l’influenza che ha avuto sul cristianesimo e individuare ancora oggi questa sua presenza.
La seconda spunta dobbiamo metterla su una dichiarazione forte quasi quanto quella d’apertura: Marx era un ottimista e un buono. Sperava in un futuro migliore – addirittura vi credeva con così tanta forza da profetizzarlo – e si impegnava affinché questo futuro diventasse presente in breve, con la minima quantità di doglie e senza perdersi lungo la strada. Sicuramente ci sono affermazioni di Marx che contrastano con questa descrizione: non dobbiamo lasciarci spaventare dal suo materialismo, dal suo cinismo, dai progetti rivoluzionari: tutto sommato Marx si è reso un ingranaggio di un meccanismo molto più complesso di quanto credesse lui stesso in origine e non dubito che neppure lui fosse consapevole del fondo di bontà che si racchiudeva alla base della sua teoria. Le condizioni di vita degli operai dell’epoca erano veramente inumane e queste persone erano vittime di uno sfruttamento selvaggio da parte del ceto padronale: non potevano non alzarsi voci di protesta, voci di giustizia.
Infine, ultimo elemento di partenza: il marxismo è fallato, non funziona e – nonostante l’allergia di Marx per le utopie – è vittima dell’utopismo della peggior specie, quello che Popper chiama storicismo. Non mi soffermerò ora sullo storicismo: c’è la mia tesi, per quello. Vi dirò solo che il marxismo si pone come teoria socio-economica di stampo scientifico, mentre si guarda bene dall’esserlo davvero. Affetto da dogmatismo, da ipotesi ad hoc, da passaggi forzati, il marxismo per come l’ha disegnato Marx non funziona. Essenzialmente credo che sia perché è stato pensato per una società di metà ottocento e identicamente applicato a una società di oltre mezzo secolo più tarda; il dogmatismo pseudo religioso dei marxisti ha impedito una sua rivisitazione, il che ha condotto completamente fuori strada i tentativi di rigida applicazione. Dopotutto, la socialdemocrazia in Svezia ha funzionato benissimo e a lungo.

Fissate le basi, passiamo all’argomentazione vera e propria. L’etica cattolica “ufficiale” ( o gerarchica, preferisco chiamarla) dell’epoca era quanto di più vergognosamente anticristiano possiamo immaginare. Che a distanza di tempo molte dichiarazioni ci sembrino fuori luogo non impedisce di ritenerle in profondo contrasto con il messaggio evangelico. Il ministro Townsend – ministro in entrambe le accezioni che possono sovvenivi – scrisse che “la fame non soltanto è una pressione pacifica, silenziosa, incessante, ma, come motivo più naturale dell’industria e del lavoro, destra gli sforzi più potenti”, aggiungendo nel suo dipingere un’idea cristiana di società: “Sembra una legge di natura che i poveri siano in una certa misura sventati cosicché ve ne siano sempre per l’adempimento delle funzioni più servili, più sudice e più volgari della comunità. Il fondo di felicità umana viene in tal modo molto accresciuto, le persone più delicate sono liberate dal lavoro molesto e possono accudire indisturbate alle loro superiore missione”. Sembra quasi che  queste siano “l’armonia, la bellezza, la simmetria di questo sistema che Dio e la natura hanno instaurato nel mondo”. Questo con il cristianesimo non ha nulla a che vedere, appare ovvio senza neppure dover argomentare: è semplicemente in collisione frontale con qualsiasi passaggio del Vangelo circa l’amore fraterno, il rispetto per i deboli, l’uguaglianza dei fratelli… e potrei proseguire per alcune righe. Sappiamo oggi che il cristianesimo – romano/cattolico ma non solo – si è rimesso in carreggiata; soprattutto grazie al Concilio Vaticano II l’attenzione al sociale e, in particolare, a quelle fasce più deboli e meno tutelate è emersa per quello che giustamente deve essere: il fulcro dell’opera di annuncio della Buona Novella, che poi è lo scopo della Chiesa. Il cambiamento è altrettanto evidente quanto l’incoerenza delle citazioni precedenti ed è in questo passaggio che possiamo provare a inserire il marxismo e le sue attuazioni sul globo. È infatti anche merito del marxismo – secondo me il marxismo ha svolto un ruolo centrale, in questo – se il cristianesimo ha assunto il suo ruolo attuale, riprendendo veramente le parole del Vangelo anche in quelle parti che giacevano dimenticate.
Marx per il cristianesimo è stato l’idea correttiva, per usare una definizione di Kierkegaard; non la sola, io credo, ma una fondamentale. Molte altre idee correttive del cristianesimo moderno, quelle idee che l’hanno spinto verso un marcato impegno sociale, sono anch’esse derivate o frutto del marxismo; spesso frutto anche della paura della rigida applicazione marxista, come abbiamo visto in Russia, altre volte frutto di una volontà di reinterpretare il marxismo, rifiutandone il dogmatismo sistematico e gli eccessi di violenza, la ricerca della lotta di classe. Il marxismo, scrivevo prima, non funziona, non ha mai funzionato e, in quanto tale, non funzionerà certo nel futuro; è un bel disegno astratto che poco ha a che fare con la realtà. Però dobbiamo riconoscergli che l’idea fondante – una maggior giustizia sociale – non può essere rinnegata e, anzi, deve trovare sempre maggior spazio nella nostra società. Come un ariete che ha sfondato per primo i portali di una città assediata consentendo alle truppe di penetrarvi, il marxismo ha aperto una via in cui molti si sono inseriti e nella quale il cristianesimo ha ritrovato una radice che sembrava smarrita da tempo. Per questo non posso negare il debito d’onore che noi cristiani abbiamo contratto con i marxisti.

 
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Pubblicato da su 13 luglio 2011 in Politica, Sproloqui

 

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Le scuse a Popper


Devo porgere le mie scuse a Karl Popper per il tentativo di criticare una posizione non sua.

Approfondendo i suoi scritti – sto letteralmente divorando i suoi testi – per la tesi, ho compreso meglio la sua critica al marxismo (che condivido) e, soprattutto, la sua forte sponsorizzazione al liberismo.
Pensavo si trattasse di un liberista tipico, fautore della libera iniziativa come unica norma che regolasse il mondo economico e no, unica via per garantire a tutti un giusto trattamento. Pensavo avrebbe difeso le politiche liberiste che detesto: limitazione della spesa pubblica, pieno appoggio agli imprenditori, lavoro e successo.
Mi sbagliavo.
Sbagliavo non di poco ed è giusto che io apra questo post chiedendo scusa a Popper per la considerazione pessima che avevo della sua posizione liberista – considerazione che non ha mai influenzato, ovviamente, il mio altissimo apprezzamento della sua epistemologia e della sua critica spietata e giustissima al marxismo.

Popper critica – smonta sarebbe un termine più corretto ma ammetto che sia filosoficamente meno idoneo – Marx e ancor più il marxismo; non ha parole tenere per chi ha abbracciato questa teoria socio-economica con il medesimo ardore di una fede religiosa perché, a ben vedere, presentano la stessa cecità e irrazionalità. Aggiungo io che, se da una parte l’irrazionalità è parte della fede, dall’altra non deve trovare spazio in teorie di questo tipo, quando poi si presentano come scientifiche.
Il marxismo ne esce, così, malamente destituito del suo trono di scientificità e Popper propone una non-utopica politica liberista. Non il liberismo, però, che mi ero fin qui atteso da lui e che precedentemente avevo criticato. Il liberismo di Popper è, a ben vedere, un interventismo; abbiamo a che fare, a grandi linee, con un’idea di società in cui sono tutelate la libertà d’iniziativa, la proprietà privata e in cui lo Stato interviene per impedire lo sfruttamento. Interventismo limitato, certo, ma fondamentale: in linea con la descrizione di democrazia di Popper, l’intervento dello Stato è garante delle libertà democraticamente accertate. Un pericolo, questo intervento, come ogni intervento statale, ma un pericolo da correre per difendere libertà ben maggiori. Il gioco consiste, in fin dei conti, nel trovare il giusto equilibrio.

Nella mia tesi questo troverà ampio spazio; ne troverà molto meno un’appassionante discussione circa il debito che il cristianesimo ha contratto con il marxismo. Suona strano, suona provocatorio (un po’ lo è) ma io, da anti-comunista, ravviso questo debito nell’opera pastorale della Chiesa contemporanea. Staremo a vedere…

 
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Pubblicato da su 9 luglio 2011 in Politica, Sproloqui, Teoria

 

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