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Archivio mensile:giugno 2011

[Letture 3] Lista dei desideri…


Altro post a carattere personale, perdipiù estremamente breve.
Stasera ho creato la lista dei desideri su Amazon; pensavo di farne uno strumento per il mio compleanno ma mi ha aiutato non poco a mettere ordine nell’elenco dei miei desideri, soprattutto librari. Sono veramente troppi…

Ho inserito libri di storia, soprattutto contemporanea, pescati dalle liste degli esami, dalla bibliografia di altri testi, da autori di cui mi son piaciuti altri libri. Ho inserito un po’ di letteratura fantasy, ma neppure troppa. C’è un po’ di King, giusto un accenno. C’è moltissima storia del Concilio Vaticano II.
si, sono matto… lo so…

Che altro? Vedremo se servirà, di più non saprei cosa dire. Comunque, se leggete il post e volete farmi un regalo, vi consiglio di ordinare la lista in ordine di priorità!
Doppia versione: quella in italiano e quella per i libri in inglese (.com).

Buona settimana a tutti!

 
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Pubblicato da su 27 giugno 2011 in Diari, Libri

 

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Piccole novità


Da oggi potete non solo commentare i post ma anche dire se le pagine vi piacciono – o meno. Insomma, è stato attivato il “rating” su ogni elemento del blog. No, nessun timore: non taglieranno anche questo rating, tranquilli.
Almeno spero…

Se passate da qui, non dimenticate di spammare il blog un po’ ovunque, mi raccomando.

Buonanotte a tutti!

 
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Pubblicato da su 27 giugno 2011 in Diari, Sproloqui

 

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Partire


Eccoci a un passaggio importante di quest’anno, di questo gruppo scout.

Quasi tre anni dopo l’ultima del vecchio clan Orione, stasera abbiamo celebrato la prima partenza del clan Alnilam. Da una cintura di stelle a un punto luminoso, forte e saldo, nel cielo e lungo la nostra strada.

Tutto sommato sono un sentimentalista; non mi tiro indietro se c’è da commuoversi (compostamente) e adoro le emozioni forti, vere, serene. Come stasera.

Per questo, all’una di notte, dopo un periodo di stanchezza e stress – che non finirà – mi ritrovo a scrivere e continuerò a farlo ancora per almeno una mezz’ora. Al mio fianco, immancabile, le Storie di Mowgli, perché lupettari lo si è fino in fondo, non solo con la barretta gialla sulla camicia.

È duro spogliarsi della pelle”, Kaa lo dice con la saggezza delle Morte Stagioni, lo dice con l’amore di un vecchio compagno di viaggio. Lo dice con il cuore di qualcuno che sa perché l’ha vissuto sulla sua pelle.
Se stasera ci siamo riuniti su una spiaggia è perché anche noi conosciamo questa sensazione, l’oltre che ci chiama e che, inesorabilmente, ci attira; se ancora a trent’anni suonati c’è gente che tiene per mano i ventenni che faranno il mondo domani, è perché ci è passata attraverso e riconosce negli occhi luccicanti, nelle labbra che fremono, nei piedi irrequieti gli stessi segnali che ha lanciato un tempo ai suoi capi. Credo fortemente che questa trasmissione di generazione in generazione serva a far si che i messaggi non si perdano nel tempo, anzi, ricevano nuove forze da chi impugna il testimone e corre la prossima frazione. Forse è per questo che faccio il capo, dopo tutti questi anni – oltre che per un divertimento spietato, senza limiti nella sua gioiosità. Forse è per questo che undici anni fa ho fatto anch’io la mia Partenza e, oggi, continuo a credere che quelle scelte e quei gesti siano la prospettiva lungo la quale proseguire nel viaggio che ancora mi attende. Non tanto questione di scoutismo, ormai, ma scelte che porti con te nella vita, là fuori.
Partire significa lasciare la propria comunità, il nido in cui si è cresciuti, e camminare oltre. Eppure non è un addio, anzi… è un arrivederci e un grazie fortissimo. Con la Partenza non salutiamo ciò che siamo stati e abbiamo vissuto ma troviamo a tutto questo un nuovo orizzonte entro il quale essere rielaborato.
Siamo cresciuti e vogliamo constatarlo, urlarlo al mondo; siamo uomini e donne della Partenza.
È il mondo che accoglie questo nostro urlo: ieri Giulia ha intrapreso questo cammino difficile, lasciandosi dietro qualcosa ma aprendosi a tutto ciò che verrà da oggi.
Partire non è solo questione di scoutismo, anzi: a essere molte brevi, significa dire che il gioco ci è piaciuto ma che pensiamo possa essere molto di più e vogliamo portare le sue regole anche nel mondo che ci circonderà. Significa accettare di essere persone significative in un mondo che ci vorrebbe omologati, senza tratti distintivi, senza qualcosa in cui credere fino in fondo.
Non si tratta di dire addio, di chiedere il permesso di salutare e passare un po’ oltre, no, per niente. “Non è più il cucciolo d’uomo che chiede al branco il permesso di andarsene, ma il signore della Giungla che sceglie un’altra pista. Chi può chiedere all’Uomo ragione di ciò che fa?”.
Davvero, partire è crescere.

E siete cresciuti anche voi, tra le difficoltà e le cime innevate, chitarra al collo, scarponi ai piedi, il fuoco di bivacco che illumina gli occhi.
Quella di Giulia è stata la prima di molte – splendide – partenze che si susseguiranno nei prossimi mesi, una dopo l’altra. Ciascuna di queste è un immenso successo, il vostro.
Siete arrivati al via nonostante il crollo del clan che vi precedeva, nonostante l’addio di molti che hanno smesso di crederci, nonostante le difficoltà del vivere la comunità a vent’anni, nonostante i nostri errori: ricostruire un clan non è stato cosa facile ma questi momenti di gioia dicono a tutti noi che ne è valsa la pena. Giulia ieri ha aperto un portone, quasi scoperchiato un vaso con tutti i vostri venti chiusi all’interno, e nel giro di pochi mesi prenderete il volo. I primi di questo clan.
Ne verranno altri, ci stanno già pensando.
Avete avuto il grandissimo merito di non aver smesso di crederci: è stato questo dono/forza a consentirvi di essere qui in questo momento. Forse, come molti prima di voi, avevate un sogno, un piccolo fuoco dentro di voi che non avete smesso di alimentare. Lì sta la differenza: tutti abbiamo un piccolo sogno, non tutti sanno alimentarlo. Molti lasciano che si spenga, perché custodire un sogno significa prendersene cura, pulire lo spazio attorno al fuoco, nutrirlo con legna secca quando è il momento, ripararlo dalla pioggia, fare attenzione che non incendi ciò che sta attorno. È un lavoro faticoso, non tutti accettano questo compito; lasciare che si spenga è, di solito, più facile, un po’ come arrendersi.
Dov’è il sogno?

il sogno ora finisce
e non finisce niente
e ancora avremo questo stesso cuore
dentro il cuore della gente
ed un po’ meno soli
e questo uomo che va via
le volte che si perderà
lontano fermerà il suo sogno qui
perché quel sogno è sempre stato qui

Ci siamo, è ora di andare… la strada chiama, non possiamo fermarci troppo oltre.
Grazie a Giulia per quello che abbiamo vissuto ieri; grazie a tutti gli altri per aver condiviso questo momento delle nostre strade. È bello per viaggiatori di lunghe vie ritrovarsi a un crocicchio e trascorrere ancora una sera attorno allo stesso fuoco.
Buona strada a tutti!

Boschi ed acque, venti ed alberi
saggezza, forza e cortesia
il favore della giungla ti accompagna!

 
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Pubblicato da su 25 giugno 2011 in Diari

 

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Bentornata democrazia




Quorum raggiunto.
La vittoria schiacciante del SI non era certamente in bilico, il dubbio era semmai se si sarebbe raggiunto il quorum. Dubbio evaporato probabilmente già domenica sera, quando alle urne era andato oltre il 40% degli aventi diritto, ma rimasto nell’aria fino a ieri alle 15.00, quando si è capito che l’Italia stava cercando di scrivere una nuova pagina della sua storia.

Che fossimo a una svolta storica della democrazia italiana, ce ne siamo accorti tutti noi membri dei seggi elettorali già domenica mattina alle 8.10. Sinceramente non ricordo un’affluenza così immediata e sentita a una tornata elettorale. Certo, le elezioni politiche raggiungono l’80% degli aventi diritto ma sono anche un caso del tutto a parte. Noi abbiamo chiuso al 65% e per alcune regioni questa è un’affluenza da amministrative.
Benissimo così.

Nei prossimi giorni molti incominceranno a discutere su chi abbia vinto questo referendum; al di là dell’ovvia vittoria dei SI abrogativi, questa è stata una vittoria della democrazia e dell’Italia, del suo popolo.
Della democrazia perché finalmente, dopo anni di coma (cit- Travaglio), il referendum popolare ha ripreso vita. L’ha fatto nonostante i beceri tentativi di boicottaggio da parte di molte forze politiche e degli esponenti del governo – un tentativo vergognoso che andrebbe criminalizzato e punito penalmente, a mio avviso – che sono giunti anche alla menzogna sistematica sulle cinque reti televisive di regime. Nel bailamme Rai, quel che è ridicolo è che se voglio trovare dell’informazione oggettiva del rifarmi a un privato, La7, vera piazza multicentrica dell’Italia che pensa. Grazie Silvio!
L’ha fatto nonostante la fortissima politicizzazione dei partiti del centro sinistra che, non sempre loro promotori, questa volta li hanno sfruttati per veicolare la marea antiberlusconiania. Era un rischio grossissimo perché poteva spingere alcuni elettori – sensibili ai temi in discussioni ma favorevoli al governo (poveri illusi) – a non recarsi alle urne. Ora Bersani festeggia… ma dovrebbe abbassare la cresta. Il merito del referendum, se vogliamo darlo a un partito, è soprattutto dell’Italia dei Valori.
L’ha fatto nonostante il paese si fosse disaffezionato al referendum, troppo inflazionato in passato grazie a un’opera barbina dei Radicali che hanno sottoposto a referendum qualsiasi cosa, anche le norme sulla gestione dei gatti del Quirinale.
Dell’Italia perché ha riaffermato la sua volontà sulla politica; è stato un voto del popolo e non dei partiti. I referendari sono riusciti a esprimersi anche all’interno di quelle forze politiche che hanno osteggiato il referendum proprio perché i temi non erano distanti o insensati ma perfettamente integrati nella sensibilità italiana di oggi. Certo, poco ci vuole a trascinare sul carro dei vincitori anche la solita partitocrazia arrivista, di cui Bersani è un ottimo rappresentante, ma oggi dobbiamo gioire per ben altro. Tuttavia il ritorno a un referendum valido, nonostante le menzogne mediatiche e governative, è un successo da ascrivere interamente a un risveglio italico.
Indubbiamente c’è ancora molto lavoro a compiere; il pericolo di un ritorno di Berlusconi per le prossime elezioni è più vivo che mai, non ce ne siamo ancora liberati. L’Italia è ancora piena di ciechi e sordi disposti a votarlo o a votare un partito membro della sua coalizione, probabilmente parliamo di più di quindici milioni di persone coinvolte. Purtroppo non hanno ancora sviluppato senso critico – e dubito possano farlo, visto che non parliamo di quindici milioni di bambini – e anche l’Italia ha la sua fascia di voti buttati in forze politiche senza senso. Il PdL ne è sicuramente il principe. Ma l’espressione democratica resta.

Bentornata, dunque, democrazia: bentornata tra noi, in Italia. Adesso, però, viene il difficile: farla restare. Per ottenerlo bisognerà respingere i canti delle sirene del Nano, mantenere alto il livello politico della sinistra, proseguire sulla via della democrazia interna (cfr Primarie…).
Berlusconi ha rovinato per troppo tempo l’Italia, ora che anche alcuni dei suoi elettori – quelli meno ciechi – si stanno svegliando, dobbiamo fare l’ultimo sforzo per completare l’opera, a partire da una nuova legge elettorale che veramente consenta all’Italia di essere rappresentata (e che formi una maggioranza reale manifestazione della maggioranza degli italiani… senza premi e furti che mandino al governo forze votate dal 30% degli elettori (cfr. politiche 2008)!).
Questo passo è stato compiuto, mettiamoci al lavoro per compiere i prossimi; la corsa è ancora lunga e gli animali feriti sono i più pericolosi, non tutti restano adagiati sul fondo valle a farsi calpestare dalle mandrie. All’opera, democratici di destra, sinistra e centro: riprendiamoci il nostro paese!

 
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Pubblicato da su 14 giugno 2011 in Politica

 

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Referendum al via!


Oggi ho firmato 2600 schede, tra i quattro referendum su cui domani tutti noi ci esprimeremo. Il mio dovere di scrutatore è così compiuto.
In osservanza del silenzio elettorale, oggi nessun commento sul merito dei referendum: niente dibattiti fra “si” e no”. Potete facilmente immaginare come la pensi ma questo è un altro discorso.
Il post di oggi è un po’ un diario e un po’ un promemoria.

Trovo l’essere membro del seggio un servizio alla nazione; non sono militarista, non sono eccessivamente patriottico, non sono un fedelissimo dell’Italia (sono perlopiù europeista, infatti) ma credo che sia dovere di ogni buon cittadino collaborare attivamente con la società in cui vive, secondo le proprie capacità e facendo del proprio meglio. Per me significa (anche) fare lo scrutatore, quando sono chiamato.
E’ un’esperienza interessante, sia perché mette a contatto con quel mondo burocratico che è la democrazia/repubblica, sia perché rende partecipi dell’evoluzione della nazione.
A me piace e sono contento di rifarlo. Questo è quanto.

Trovo anche che i referendum siano uno straordinario strumento di espressione popolare. Immancabile.
Usiamolo, quindi. Votando si, no o bianca, ma usiamolo. Facciamo sentire la nostra voce, qualsiasi essa sia.
Al riguardo, brevissimo appunto sul voto: i seggi saranno aperti domenica dalle 08.00 alle 22.00 e lunedì dalle 07.00 alle 15.00.

Con questo vi saluto e vi auguro buon weekend; penso che torneremo a sentirci lunedì sera o martedì. Prima ho da fare al mio seggio.
Buon weekend a tutti!

 
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Pubblicato da su 11 giugno 2011 in Diari, Politica, Sproloqui

 

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TV democratica: il canone è mio ma (per fortuna) non decido io.


Santoro non mi è troppo simpatico; lo trovo spesso eccessivo e francamente troppo invadente verso chi non la pensa come lui. Tende troppo spesso a interrompere, più che a condurre.
Resta il fatto – dato di fatto non discutibile – che faccia veramente bene il suo mestiere e che il pubblico lo apprezzi. Gli ascolti sono matematica e, come si sa, è difficile che la matematica menta.
L’ultima puntata di Annozero ha avuto un seguito decisamente importante e ascolti che fanno svanire ogni altro programma d’informazione politica (talk show che dir si voglia): si parla di oltre il 33% di share e di circa 8 milioni di punta massima… numeri che dovrebbero far pensare.
La Rai può davvero liberarsi di Santoro, economicamente parlando, o ha ragione Bersani nel fare il paragone calcistico con la gestione-Garrone della Sampdoria? Credo che al riguardo i numeri dicano tutto.

Eppure i numeri non sono tutto: nel campo dell’informazione – ma non solo – l’etica ha una priorità sul guadagno. Vorrei fosse davvero così e lo fosse per tutti in ogni campo.
Ieri sera Castelli ha detto che Travaglio è di parte e fazioso. Premesso che non trovo Travaglio fazioso bensì di parte, cioè ha una posizione chiara, limpida, mai nascosta e sempre predicata, comunque educata e mai vile o subdola, il che non può che essere bene per uno che fa l’opinionista politico; secondo Castelli questo dovrebbe escluderlo dalla Rai in ragione del canone che tutti i cittadini italiani in possesso di sistemi di ricezione dovrebbero pagare.Infatti, poiché è di parte e quindi non corrisponde ai gusti di tutti gli utenti del servizio, dovrebbe andarsene.
Io spero che Castelli dicesse questa cosa sapendo che si tratta di un ragionamento privo di sensi; forse ripongo troppa fiducia nell’intelligenza di una persona che appartiene a un partito che crede nell’esistenza di nazioni fantasy (Cfr. Padania) ma oggi voglio essere quantomeno buono con lui.
Il (falso) sillogismo di Castelli è il seguente:

1) Travaglio è di parte, ovvero incarna posizioni parziali
2) La Rai è un servizio pubblico, quindi di tutti

–> Travaglio non può far parte di un servizio pubblico perché non può piacere a tutti, in quanto di parte.

Ora, il sillogismo ha una sua coerenza interna anche se manca di eleganza e di efficacia. Possiamo smontarlo per assurdo… o, quantomeno, ridurlo a un sillogismo formalmente corretto ma privo di vera valenza perché porta a conclusioni paradossali o sgradite al suo stesso autore.
Direi che da questo pensiero, infatti, discendono due possibili conclusioni (una delle quali disponibile in due versioni):
a,1) (versione Hard) La Rai, in quanto servizio pubblico, deve offrire solo prodotti che piacciano a tutti: un qualsiasi prodotto che non sia gradito anche a un solo utente deve essere rimosso dalla Rai proprio in virtù della natura pubblica della Rai. Ciao ciao X-factor, ma voglio vederlo un programma che piaccia a tutti e che non trovi un solo detrattore…
a,2) (versione soft) Come sopra, ma limitato alla sola informazione d’opinione, soprattutto politica. Minzolini, Vespa, Ferrara e Sgarbi quand’è che levano le tende dalla TV pubblica?
b) La Rai è un servizio pubblico: non potendo ogni frammento di questo servizio accontentare tutti, è importante che la programmazione sia estremamente varia, per quanto sempre professionale.

Direi che le prime due opzioni ridurrebbero la TV pubblica al nulla o a una noia mortale; insomma, niente che sia anche lontanamente capace di compiere il suo dovere di servizio pubblico.

Io credo che in un servizio pubblico non solo ci sia spazio per voci di parte ma anche che queste voci siano essenziali per la fruibilità di tale servizio. L’Italia non è un paese compatto, ciascuno la pensa a modo suo e questo dovrebbe essere per noi una grande forza; è dal confronto di idee diverse che si origina la crescita. Inoltre proprio ascoltando pareri differenti e contrastanti è possibile originarsi un’idea propria e indipendente, nata dalla critica dei dati e delle idee altrui. Insomma, un bel lavoro di metodo direbbe Bloch (o Popper).
Per questo non vedo che male ci sia nell’avere in Rai Travaglio, Santoro o Vespa: già potrei criticare di più Minzolini, non perché ha idee particolari ma per l’uso criminoso che fa della sua posizione. Un telegiornale dovrebbe fornire notizie: l’esistenza di un referendum, che si sia per il No o per il Si, non è notizia da nascondere per fare un favore al capo. Un conto è la posizione politica, un conto il servilismo, un altro il raggiro all’utenza. Etica professionale credo si chiami.
Torniamo però al tema principale: la Rai è un servizio pubblico e deve dare strumenti equi, quindi plurali. Questo non può portare però a programmi di informazione asettica; in primo luogo perché è impossibile comunicare senza trasmettere qualcosa in più della singola informazione, in secondo luogo perché farlo significherebbe appiattire l’offerta, annullare lo spirito critico.
L’opinione altrui è fondamentale nella formazione dell’opinione propria: fondamentale è non essere proni nella ricezione di tale opinione, anzi, criticarla e ascoltare opinioni diversificate. Ma è compito della Rai lasciare spazio a tutte queste opinioni diversificate. Proprio perché Pubblica.
Proprio perché la pago anch’io, deve esprimere palinsesti tali che tutti possano trovare al loro interno qualcosa che li stimoli, li soddisfi e faccia loro sentire la Rai come qualcosa di nazionale, pubblico.
Santoro fa questo per me; per Castelli, forse, lo fa Vespa. Per qualcun altro lo fa NCIS, X-Factor o Minzolini.
Non vedo il problema. Davvero.

Credo, in effetti, non ci sia alcun problema e sia solo un pretesto da parte del centro destra di liberarsi di personaggi scomodi: Fazio, Travaglio, Santoro, la Dandini, Saviano, la Gabanelli. Gente che fa audience ma anche non prona ai desideri del Leader Maximo di Hardcore, gente che pensa, gente che – destra, sinistra e centro, li si trova tutti – ha diritto e, anzi, dovere di parlare. Ancor più nel servizio pubblico: un privato non è tenuto alla massima pluralità, il servizio pubblico si.
In Italia, tuttavia, sappiamo come va a finire. Biagi, uno dei migliori giornalisti della storia della Rai, è stato accantonato perché non piaceva a Berlusconi. Questo lo ritengo non solo sbagliato ma decisamente vergognoso e disgustoso: provo disgusto per una struttura pubblica che si adegua a provvedimenti del genere, vere e proprie epurazioni politiche. Fortunatamente la presenza di La7 ha cambiato le carte in tavola: Santoro forse non farà 8 milioni di spettatori su La7 ma ne facesse anche solo 5 sarebbe un vero tracollo per la Rai, un aggravarsi di un deficit che tocca tutti noi proprio perché la Rai è di tutti. Non voglio che i miei soldi siano buttati per sostenere programmi che non hanno spettatori, soprattutto se l’azienda (pubblica) sperpera le sue risorse lasciando andare i veri cavalli di razza, coloro che a questo deficit possono porre rimedio. Santoro ieri sera ha detto che i programmi invendibili li paga tutti Annozero: ha ragione. Annozero costa, tutto compreso, molto meno di quanto incassa in pubblicità, per non parlare dell’immagine. Un vero affare per chiunque possa permettersi – o abbia la fortuna – di mandarlo in onda.
Che ci si faccia un pensiero… e che riflettano coloro che chiedono l’epurazione ma sono pronti a trattenere Vespa & Minzolini. O fuori tutti, e TV di stato morta, o dentro tutti, e viva il pluralismo.


A chiudere, vorrei ricordare che il comportamento di Castelli e Brunetta, che praticamente hanno incitato all’evasione fiscale, è qualcosa di assurdo e degno di una repubblica delle banane. Si tratta di un ministro e un vice ministro attualmente in carica; in paesi civili – veramente civili – dichiarazioni del genere comportano dimissioni, denunce e ostracismo. In Italia comportano il plauso del loro leader nonché Presidente del Consiglio. Una farsa di democrazia, una democrazia farsa.
Poi non venite a dirmi che non ve l’avevo detto.

 
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Pubblicato da su 10 giugno 2011 in Politica, Sproloqui

 

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10 giugno 1924: morte di un eroe


Ottantasette anni son passati e siamo ancora qui a ricordare il martirio di un politico che ha donato la sua vita all’Italia, massacrato dalla violenza di un regime che non possiamo e non dobbiamo dimenticare.
Non credo di voler dire molto, al riguardo: in effetti, c’è poco da dire senza ricadere negli schemi già visti, da una parte o dall’altra.
Matteotti è stato un eroe a prescindere dal pensiero politico e a prescindere dalla sua morte: è stato un eroe perché s’è apertamente schierato contro il regime vincitore, quel regime che aveva già dimostrato una spiccata predisposizione per la violenza e per il disprezzo del rivale politico. Quello stesso regime che, giunto al potere con la violenza, con la violenza si era garantito il consenso elettorale.
Oggi ci può ancora dire qualcosa questa parabola: non credo ci troviamo in identiche ambasce per la nostra democrazia ma il pericolo è vivo non tanto per la pericolosità dei politicanti – ce lo vedete Vendola dittatore o lo Psiconano a piazza Venezia? – quanto per il disinteresse e la disaffezione degli italiani.
Il problema politico, nella sua più ampia accezione, tende a scivolarci addosso; il voto è gesto superficiale, mai approfondito, mai critico. Da questo dobbiamo difenderci e questo è il vero pericolo del berlusconismo: l’anestesia delle coscienze, il sonno della mente. Un sonno forse rinfrancante, forse portatore d’oblio: ma al risveglio cosa troveremo della nostra Italia?

Matteotti ci lascia questo messaggio, assieme agli altri Padri della nostra patria: vigilate e lottate, impegnatevi. Che siate di destra o di sinistra, liberali o socialisti, democristiani o grillini: non smettete di criticare, non smettete di indagare, non smettete di capire. Soprattutto, non smettete di pensare. Ne va della vostra libertà!

Alcune sue parole per finire questo post; forse è utile ricordarlo non solo per la sua morte ma per i motivi che spinsero il regime a ucciderlo. Le sue parole era una condanna alla conduzione politica del tragico governo fascista: oggi suonano come un monito che non dobbiamo dimenticare. Mai come oggi, in quest’Italia in cui la democrazia è appesa a un filo, ricordare dove può giungere l’orrore della dittatura è fondamentale e centrale nella lotta costante per il mantenimento della libertà.
Innanzitutto è necessario prendere, rispetto alla Dittatura fascista, un atteggiamento diverso da quello tenuto fino qui; la nostra resistenza al regime dell’arbitrio dev’essere più attiva, non bisogna cedere su nessun punto, non abbandonare nessuna posizione senza le più decise, le più alte proteste. Tutti i diritti cittadini devono essere rivendicati; lo stesso codice riconosce la legittima difesa. Nessuno può lusingarsi che il fascismo dominante deponga le armi e restituisca spontaneamente all’Italia un regime di legalità e libertà, (…) Perciò un Partito di classe e di netta opposizione non può accogliere che quelli i quali siano decisi a una resistenza senza limite, con disciplina ferma, tutta diretta ad un fine, la libertà del popolo italiano.

 
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Pubblicato da su 10 giugno 2011 in Politica

 

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Il Tempo è Relativo! E la sveglia della scienza suona in orario?


Che il tempo non fosse esattamente una costante ce l’aveva detto già Einstein, un secolo fa (già passato così tanto tempo?); anzi, ci aveva chiarito che il tempo non è per nulla costante ma lo “subiamo” in funzione del nostro movimento relativo. Un po’ come se la lettura di questo articolo dipendesse dalla velocità con cui il lettore corre i cento metri; Bolt sarebbe avvantaggiato.
Ne abbiamo avuto una conferma men che scientifica in questi giorni, grazie ad alcuni eventi siciliani che definirei… pittoreschi. Vi link l’articolo che ha sollevato la mia curiosità, potete leggero a questo indirizzo: il Corriere ci rende noto che in Sicilia, soprattutto a Catania, gli orologi corrono veloci, più veloci della terra, e guadagnano dai cinque ai quindici minuti sull’orario ufficiale. Un bel dilemma e un problema anche di ordine pratico, basti leggere l’articolo e il riferimento alle difficoltà bancarie dell’isola; spero che le Poste non usino questo fatto per scaricare le colpe sul tempo relativo, visti i danni causati dai loro nuovissimi server. O forse che i nuovi server proprio a Catania sono stati attivati?

La notizia è curiosa e stimola la fantasia; possiamo immaginare i giganteschi campi magnetici del magma vulcanico che influenzano lo scorrere del tempo, se vogliamo una soluzione scientifica. Possiamo, se la nostra fantasia è più virtuosa, dar adito alle teorie circa spedizioni aliene e relativi rapimenti, con rilocazione imprecisa dei fortunati abitanti, quasi fossimo in un X-Files. E come nel telefilm, si inseguono voci, congetture, teorie strambe e incertezze.

Ciò su cui vorrei fermarmi a riflettere, questa volta, non è tanto il problema in se ma l’ignoranza: vorrei parlare non tanto della credulità popolare – così diffusa – quanto dell’ignoranza generale che coglie l’umanità di fronte a piccoli incidenti come questo.
La scienza ci ha abituati a vivere in un mondo ordinato, di cui si conoscono i meccanismi e che si fonda su diversi principi di azione-reazione. Alcuni di questi possono essere immensamente complicati e inarrivabili senza anni di studio alle spalle, ovviamente; eppure sappiamo che una spiegazione la scienza può darla a tutto e che nulla la lascia indietro perché, bene o male, una teoria che si adatti a spiegare un fenomeno si trova. O si troverà entro breve.
Fatti come questo, fatti che contraddicono non oscuri teoremi di fisica delle particelle noti a circa duecento persone su tutto il globo ma che urtano le più radicate convinzioni, l’esperienza quotidiana di miliardi di persone e lo stesso buonsenso (critico) di cui tutti usufruiamo, sono come un bagno di umiltà che dobbiamo accogliere con piacere. Non una doccia fredda fastidiosa come una secchiata d’acqua mentre arbitri una partita a dicembre ma una pioggerellina primaverile che ti rinfresca durante gli allenamenti estivi. Con questo spirito penso si debba accogliere ogni novità in scienza: lo sguardo della curiosità.
Qualcuno potrebbe rispondere che è ben questo lo sguardo dello scienziato: un bambino curioso che sbircia oltre il parapetto della finestra cercando di capire come sia fatto il mondo al di fuori della sua piccola casetta. Beh, si… è una bella teoria. Qualcuno la mette in pratica.
Eppure conosco molte persone che si rinchiudono nelle loro certezze – e parlo di studenti di discipline scientifiche, neo ricercatori, aspiranti ricercatori, etc – e professano l’inviolabilità della loro disciplina, la sua assoluta validità, l’immutabilità dei criteri e delle teorie. Insomma, fanno il contrario di quello che suggerisce Popper ed esattamente quello che teme Feyerabend, al quale forse andrebbe dato maggior credito; penso abbia descritto la comunità scientifica reale con un’accuratezza che altri autori hanno evitato, forse volontariamente, perché metteva in crisi la loro teorizzazione riguardante la scienza. Insomma, torniamo al discorso di prima

Abbiamo con questi piccoli fenomeni l’occasione per sfidare le nostre conoscenze, metterle alla prova e verificare se davvero le nostre teorie funzionano: io dico di usarli! Certo, sono “casi limite” ma è proprio su questi punti oscuri che una teoria prova la sua validità o decade. Le osservazioni più comuni possono essere spiegate da molte teorie, ne sono convinto, ma solo le teorie più salde e valide possono aggiungere ai loro successi anche questi tasti molto dolenti. Non sono occasioni da sprecare, non credete?
La peggior cosa che può capitarci, in fin dei conti, è scoprire che ci sono dei dischi volanti sotto l’Etna: o un fabbro di nome Vulcano.

 
 

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1000 secondi di antimateria!


La notizia è passata un po’ sottotono in questi giorni di intensa bagarre politica, anche se è strano che i TG allineati al nano non l’abbiano proposta in prima pagina – assieme a qualche importantissima manifestazione culturale da spiaggia – per attirare lì l’attenzione, anziché sui referendum.
ma questo è un altro discorso. Oggi parliamo di fantascienza.
Quasi.
Perché da qualche giorno è molto meno fanta- e molto più -scienza

.

Non si parla ancora di questo, ok, ma ci stiamo avvicinando.

Veniamo ai fatti: al CERN sono riusciti a creare trecento atomi di anti-idrogeno e a mantenerli stabili per circa 1000 secondi, poco più di sedici minuti. Un successo veramente notevole per la fisica contemporanea, sia dal punto di vista tecnologico – il contenimento ha funzionato – sia dal punto di vista della fisica teorica.
facciamo un paio di passi indietro.

Antimateria
Si tratta di materia speculare, composta da antiparticelle, il contrario delle nostre particelle.
Un atomo di idrogeno è composto da un protone e un elettrone: un atomo di anti-idrogeno è composto da un antiprotone e da un positrone (antielettrone).
Dobbiamo la sua teorizzazione a Dirac che assegna a queste particelle i valori negativi emersi dalla risoluzione dell’equazione di Schrödinger; dalla teoria discesero poi conferme sperimentali che attualmente ci consentono di accettare la teoria e utilizzarla nel campo dello studio delle particelle.
L’antimateria è speculare rispetto alla materia; il positrone porta una carica positiva, mentre l’elettrone ne porta una negativa. Similmente, l’antiprotone ha carica negativa e il protone positiva.
Ancor più interessante l’interazione tra materia e antimateria: se vengono a contatto si annichiliscono, ovvero si convertono in energia, distruggendosi. Questo comporta notevoli problemi nel suo studio perché non può esistere se non perfettamente isolata dalla materia. Ma ci arriveremo.
L’interessante della teoria è che, a parte le forme convenzionali come la carica, l’antimateria dovrebbe avere un comportamento identico a quello della materia. Si dovrebbe aggregare in atomi e poter esistere, se parata dalla materia. E’ vero? Funziona realmente così nell’universo? Sono queste le caratteristiche dell’antimateria? Lo studio è in corso e l’obbiettivo è proprio questo. L’affascinante è che l’argomento si ricollega a stretto giro con la natura e la nascita del nostro universo. Se materia e antimateria sono identiche, perché l’universo è composto di materia e non di antimateria? Se la teoria del Big Bang è vera, cosa ha creato questo scompenso iniziale? c’è una differenza di fondo che ha permesso questa “scelta” o è stato solo il caso?
Sappiamo che l’antimateria esiste nel nostro universo, anche se in quantità minima. Nelle fasce di Van Allena se ne accumula un poco, alcuni antiprotoni giungono a noi come prodotto delle reazioni solari. Non ci basta, dobbiamo scoprire perché questa enorme divergenza quantitativa. Perché siamo fatti di materia?

Separazione
Come avrete intuito, è essenziale tenere materia e antimateria separate se le si vuol studiare. Trattandosi di particelle cariche, fin qui si sono adottate tecniche magnetiche ed elettriche; generando i dovuti campi nella zona dove si producono queste particelle è possibile tenerle isolate dalla materia, almeno per un po’. Lo scopo è riuscire ad arrivare a un tempo sufficiente a studiare le interazioni tra queste particelle, tra questi atomi, per capire se rispondo correttamente alla teoria o se il modello è da ricostruire o modificare.
Dice l’articolo di Repubblica al riguardo: “La ‘trappola’ per l’antimateria usata dall’esperimento Asacusa si chiama Cusp e funziona grazie a una combinazione di campi magnetici che costringono antiprotoni e positroni a stare insieme per formare atomi di anti-idrogeno. Gli anti-atomi così ottenuti vengono incanalati in un sorta di “corridoio” vuoto dove i piccoli fasci di anti-idrogeno creati in questo modo possono essere studiati “in volo”“.
Affascinante, indubbiamente. Molto interessante…
E indirettamente utilissimo: come sempre la ricerca sviluppa non solo il suo campo di intervento diretto ma fornisce un contributo tecnologico e indiretto a tutte le aree umane. Basti pensare ai protocolli http, sviluppati proprio al CERN per un più rapido trasferimento delle informazioni all’interno della primitiva rete. Questi esperimenti non si distanziano da quel modello di sviluppo: il loro contributo può essere davvero notevole.

Un po’ di fisica per il primo post a carattere scientifico; c’è voluto del tempo ma alla fine siamo arrivati anche a questo.
Credo che divulgare queste ricerche sia essenziale ben al di là di fare notizia; è importante che tutti comprendano l’utilità della ricerca, in ogni campo. Questo non solo per le ricadute dirette, come dicevo prima, ma anche (forse soprattutto) per quelle indirette. Ricercare mette alla prova e sfida le conoscenze umane, le competenze di questi piccoli ominidi. Ci costringe a fare del nostro meglio e a superarci, ponendoci sfide avvincenti.
Dobbiamo raccogliere queste sfide e vincerle e per farlo serve il sostegno di tutti.

 
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Pubblicato da su 6 giugno 2011 in Divulgazione scientifica

 

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Bipolarismo e legge elettorale


Grazie a Facebook mi sono imbattuto in questo blog: a quanto pare non sono l’unico nell’ambiente GdR a occuparsi di politica. E questo mi ha dato spunto per finire, dopo averlo ritoccato affinché si adattasse all’occasione, un post che meditavo da un po’.

Da tempo rifletto sulla nostra attuale legge elettorale e devo ammettere a malincuore che non vedo soluzioni particolarmente brillanti. L’articolo che vi ho linkato propone un mantenimento della rotta su una linea bipolare, come quella che stiamo vivendo dalla “discesa in campo” a oggi; le motivazioni addotte sono notevoli e ben salde, tutte pensate e riflettute nell’ambito della democrazia, che tanto soffre in Italia di questi tempi.
Trovo la riflessione accurata – come, ovviamente, accuratissimo il documento linkato – ma non posso concordare sulle conclusioni. Non credo che il bipolarismo sia una soluzione valida per l’Italia.

In primo luogo, non vedo la superiorità del bipolarismo che, anzi, ha la tendenza a creare forze politiche molto simili tra loro, appiattendo le differenze. Come il teorema dei gelatai ben ci dice, se le forze politiche son solo due esse tendono ad avvicinarsi, per contendersi i veri voti decisivi: quelli di mezzo. Negli USA questo accade: Democratici e Repubblicani presentano politiche molto simili, pur con divergenze di valore, e si contendono di volta in volta la vittoria. D’altronde gli USA non possono essere esempio funzionale per l’Italia perché posseggono una storia completamente diversa, basti pensare al peso che ancora oggi hanno in Italia fenomeni politici quali il comunismo e il fascismo, completamente estranei alla democrazia americana. Inoltre questo meccanismo tende ad emarginare fuori dal controllo politico forze vitali e anche proporzionalmente rilevanti ma non in grado di – o intenzionate ad –  apparentarsi con altre forze. Ci si ritroverebbe in condizione di esiliare alcune voci autorevoli al di fuori delle aule parlamentari a causa non della loro reale ininfluenza ma per una strategia di appiattimento del dibattito politico.
D’altra parte un bipolarismo “di coalizioni”, con partiti minori che hanno rappresentanza grazie al successo di gruppo, comporta la ricca instabilità dei governi della sinistra di questo inizio di secolo. Insomma, non risolve affatto i problemi del paese perché affida un sistema tecnicamente bipolare nelle mani di una costellazione di piccole formazioni che “tengono per le palle” i partiti maggiori.

Da questo, ritengo che l’Italia non sia posto per il bipolarismo. Dopotutto non credo neppure che l’assetto istituzionale del paese sia impostato per il bipolarismo e, francamente, non vedo motivo di andare a modificare equilibri istituzionali – contrappesi, soprattutto – ora ben bilanciati e già messi alla prova in questi anni difficili; se l’Italia ha ancora speranza di rimanere una democrazia e non una dittatura mediatica è merito dei Padri Costituenti che ci diedero un testo memore e figlio dell’esperienza fascista.
In quest’ottica, condivido appieno le critiche al Porcellum di Calderoli: non spetta al popolo esprimersi circa il Presidente del Consiglio dei Ministri! Non per cattiveria o scarso spirito di democrazia, intendiamoci; tutt’altro. Credo che il popolo sovrano abbia diritto a esprimersi riguardo le più alte funzioni dello stato.
Appunto.
L’Italia è una repubblica parlamentare e il sistema elettorale deve sostenere questo dettame costituzionale; giusto è che il popolo si esprima circa la rappresentanza parlamentare. La guida del governo – che al parlamento sottostà – è situazione di altro genere e, nel mio modo di vedere, secondaria rispetto al realizzarsi della sovranità popolare nell’elezione del Parlamento. Colui che guida l’esecutivo sarà scelto dopo, in base all’esito delle elezioni e a come le forze parlamentari così elette riusciranno ad accordarsi.
Non trovo affatto sminuente che tali accordi avvengano dopo le elezioni, finché tali accordi sono compiuti nell’ottica del programma che il popolo ha votato; mi affido, al riguardo, alla capacità dell’elettore di non votare nuovamente una formazione politica che cambia idea dopo le elezioni per convenienza e non per ideale. Certo, l’esperienza berlusconiana mi suggerisce che sopravvaluto la maturità democratica degli italiani… ma voglio crederci. la democrazia, in fondo, si basa proprio su questo sottile gioco tra elettore ed eletto: io mi fido di te ma se mi tradisci e mi hai mentito, la prossima volta perdi il posto.

Apprezzo ovviamente i sistemi bipolari e sono attratto dall’uninominale, anche se lo bilancerei un po’ con il sistema del doppio turno, in modo che il ballottaggio stemperi l’assestamento strettamente bipolare, consentendo successi quantomeno in circoscrizioni non minoritarie l’emergere di forze terze (o quarte) rispetto ai due protagonisti principali.
Forse, come spesso accade in Italia, l’ideale può essere una via di mezzo; un sistema che consenta rappresentanza anche a partiti medio piccoli (mesi fa si parlava di diritto di tribuna), una buona assegnazione per via maggioritaria a doppio turno di seggi e un mantenimento di quote puramente proporzionali, semmai con soglia di sbarramento.
Non è una proposta precisa, ci mancherebbe: me ne mancano le competenze tecniche. Eppure non mi dispiacerebbe e sarebbe anche in linea con gli esiti referendari in materia.

In definitiva, all’idea del bipolarismo come unica via percorribile, ribatto con la proposizione di un proporzionale che garantisca rappresentanza, “sporcato” da un maggioritario uninominale che garantisca una maggior stabilità delle formazioni governative e la crescita di due/tre partiti di maggior peso, capaci di calamitare le attenzioni degli elettori sui loro candidati nel secondo turno, senza monopolizzare la discussione politica a ogni livello, appiattendola.
Comunque sia, anima della democrazia è il confronto, il dialogo e il dibattito. ascoltandosi a vicenda chissà che, prima o poi, l’idea buona davvero non venga fuori.

 
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Pubblicato da su 3 giugno 2011 in Politica

 

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