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Archivio mensile:giugno 2012

Una costituente cristiana per la politica


Nel recente impegno nel campo politico avverto con crescente onere un malessere che mi colpisce ogni volta che mi avvicino a una qualche forza politica: l’incoerenza delle forze politiche con l’idea cristiana di società e di politica stessa.
Gli attacchi a Fioroni sorti dopo l’espressione della sua opinione sui matrimoni gay sono esemplari dell’intolleranza alle idee altrui che regna in politica: tolleranza e confronto costruttivo, invece, per me sono tutto.
Suona quindi complicato essere cattolici – cristiani – a sinistra: vuoi per vecchie remore dei “comunisti”, vuoi per una certa ignoranza di fondo dei concetti basilari della dottrina sociale, vuoi per posizioni dogmatiche della sinistra, spesso in contrasto tra loro, assunte al solo scopo di rompere con il cristianesimo.
Dall’altra parte, essere cattolici – cristiani – e stare nel centro destra è praticamente impossibile; la scelta in quel caso sarebbe tra scegliere chi usa i valori cristiani come bandierina da affiggere sul petto per recuperare voti o tra chi neppure ci prova, ma tanto va bene comunque perché possiede tre televisioni e riesce a far dimenticare le porcate anticristiane commesse negli anni.
Il panorama politico che si definisce cristiano, poi, è spesso squallido e minimale: gestione politica assente, coordinamento nullo, competenze scarse. Capacità relazionale non parliamone. Serietà solo per scherzare. Il peggio della peggior DC.

Non bisogna d’altronde pensare che i filoni cristiani della politica fin qui visti in campo siano perfetti e immacolati, anzi; non è raro assistere a derive estremamente conservatrici, eccessive per il sentire politico del paese e dei cittadini – cattolici e non. Posizioni quasi dogmatiche e, come al solito, molto più rigide della dottrina stessa della Chiesa. La laicità dello stato, dopotutto, significa che il potere religioso non deve poter direttamente influenzare le decisioni politiche o prevaricarle. Questo va assolutamente preservato.
Tuttavia assistiamo a richieste di “silenzio” da parte di certe forze politiche – compresi molti soggetti del PD – che vorrebbero semplicemente zittire la Chiesa (mentre esternazioni di altre realtà religiose sono ampiamente tollerate e discusse nel merito). Questo, anziché essere chiamato laicità, è discriminazione: la Chiesa italiana, in quanto associazione di cittadini italiani, ha tutto il diritto di dire la sua riguardo qualsiasi questione ritenga opportuno: dopotutto è un diritto garantito dalla Costituzione, anche se a volte viene dimenticato.

Credo sia allora necessario uno sviluppo ulteriore dell’impegno in politica dei cattolici: un impegno diretto, franco e leale, aperto al confronto e coerente con le posizioni etiche e sociali della Chiesa. Spero si possa giungere al superamento del bipolarismo – a mio parere distorcente della democrazia italiana – e, soprattutto, al superamento della scelta sacrificale dei cristiani: privilegiare le scelte etiche o quelle sociali?
Da anni, infatti, abbiamo due schieramenti abbastanza definiti, nessuno dei quali soddisfa i comuni criteri di una politica appieno cattolica. Se a destra c’è un – apparente, ipocrita e falso, purtroppo – rispetto delle posizioni etiche della Chiesa, pur con frequenti negazioni delle più avanzate evoluzioni di queste idee, manca completamente il rispetto delle posizioni della dottrina sociale, imprescindibile perno della vita civile.
Dall’altra parte abbiamo una sinistra che, confermando la sua dedizione alle posizioni sociali più idonee alla Chiesa (con la recente e notevole eccezione di molte opinioni supportate dal PD, assolutamente inadatte alla sinistra stessa), è spesso venuta meno la sensibilità etiche, come ricordiamo con l’orrore del supporto ai Radicali, partito pensato per minare il radicamento dei valori cristiani nella nostra società.

Serve allora un programma di base e un impegno concreto per riaprire ai cattolici la piena partecipazione politica, senza dover cedere al liberismo del centro-destra e senza dover accettare inopportune posizioni etiche, come per il centro sinistra.
Idealmente, è necessario che i cristiani si uniscano attorno a un fulcro e penso che due siano gli elementi capaci di catalizzare tale operazione: il Vangelo e la Costituzione. Da lì possiamo veramente dare un contributo importante al futuro del nostro paese.

 
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Pubblicato da su 27 giugno 2012 in Politica, Teoria

 

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La Consulta della speranza


Linko l’articolo “tecnico” dell’ANSA riguardo il rinvio alla Corte Costituzione della legge 194/1978 sull’Interruzione Volontaria di Gravidanza. Penso sia abbastanza neutrale da permettere di utilizzarlo come punto di partenza.

Un giudice di Spoleto, al quale s’è rivolta una minorenne per poter ottenere l’interruzione di gravidanza senza consultare i genitori – scelta prevista dalla legge – ha sollevato un incidente di costituzionalità chiedendo appunto il parere della CC. Secondo il giudice, la legge, nello specifico l’articolo 4, violerebbe non solo quanto indicato dalla Corte europea per i diritti dell’uomo, letti in luce di tutela assoluta della vita umana, anche embrionale, ma anche numerosi principi fondanti della nostra Costituzione, a partire dall’Articolo 2.

Premesso che nutro pochissime speranze riguardo una sentenza intelligente sull’argomento, credo sia opportuno utilizzare questo spunto per mantenere alta la riflessione di civiltà riguardo l’interruzione volontaria di gravidanza. Se nel corso degli anni c’è stata un potente campagna mediatica, spesso indiretta e infida, che ha presenta l’aborto come un “diritto della donna” e l’embrione/feto come una non-persona, fino a ottenere il riconoscimento di queste posizioni in dispositivi legislativi barbari e inadatti a una società basata sui diritti umani, penso sia possibile sostenere oggi un cammino di sensibilizzazione inverso o, quantomeno, tentarci. Sono fiducioso che sul lungo termine l’estensione dei diritti umani a tutti gli esseri umani e non solo ad alcuni privilegiati sia inevitabile; purtroppo ogni giorno di ritardo su questa strada comporta il massacro di migliaia di persone, i cui diritti sono violati o, peggio ancora negati. Pur sorgendo dall’aborto, ovviamente, l’argomentazione è ampiamente estesa a una ben più ampia serie di persone e neppure limitata alle sole questioni di bioetica (basti pensare alla mancata efficienza rieducativa del sistema carcerario).

Credo quindi che chi desidera una società migliore e più avanzata, soprattutto più rispettosa dei diritti umani dei singoli di fronte ai bisogni di una società spersonalizzata, non possa che voler lottare contro l’aborto. Questo dovrebbe unire un po’ tutte le diverse correnti, sia chi presuppone la centralità del singolo (quei liberali così allergici a una società veramente giusta), sia chi pensa a una maggior integrazione fra soggetti paritari e senza disparità (chi, per ora, si rifà alle correnti socialdemocratiche, per esempio).
Dopotutto, la decisione di chi è soggetto di un diritto o meno è solo questione di accordo convenzionale: siamo noi, attraverso le leggi, a stabilirlo. E siamo noi a stabilire cosa sia un essere umano dotato di pieni diritti. Non possiamo nasconderci a questa responsabilità.

L’interruzione volontaria di gravidanza mette a confronto i diritti di due (perlomeno due, certe volte di più) soggetti, entrambi umani, entrambi vivi: la donna e l’embrione. L’attuale impianto legislativo prevarica il diritto alla vita del secondo rispetto al diritto di scelta della prima.
Premetto che se c’è un embrione è ovviamente frutto di una decisione della donna (non sola: e infatti sono pieno sostenitore della corresponsabilità paterna e della divisione della colpa nei casi di aborto, ci mancherebbe): difficile che un embrione si impianti da solo. E’ successo una volta, e anche quella volta prima s’è chiesto permesso; e possiamo escludere tutti i casi di violenza in cui nessuno, veramente nessuno, biasima definitivamente la donna per la scelta di interrompere la gravidanza.
Tutto diventa allora una questione di responsabilità: principalmente diventa responsabilità della coppia che decide di avere rapporti sessuali, i quali palesemente possono condurre a una gravidanza. Credo sia un dovere di ogni coppia, anche provvisoria, assumersi la responsabilità di quel che compie: la responsabilità, quindi, delle conseguenze a cui le sue azioni giungono.

Immagino possa essere una posizione e una situazione molto difficile e dolorosa: d’altronde assumersi delle responsabilità è sempre difficile, più difficile che tirarsi indietro a scaricare le conseguenze su qualcun altro.
Questo trovo inaccettabile dell’aborto: il lavarsi le mani delle proprie scelte e risolvere una situazione non prevista (per ignoranza, malafede, disattenzione, disaffezione) lasciando che a pagarne il prezzo sia un terzo soggetto, solo spettatore impotente di quanto accade. Come rifarsi sui più piccoli e sui più deboli, una tendenza che la nostra società non ha mai superato del tutto.

Questo discorso, io penso, va ben oltre la definizione dei diritti della donna, soprattutto perché penso che la corresponsabilità degli elementi della coppia sia fondamentale nella gestione del rapporto. Soprattutto la corresponsabilità in materia di conseguenze delle scelte delle coppie: è triste che gli uomini scarichino la responsabilità della scelta solo sulla donna. Trovo giusto l’enorme importanza a lei affidata, visto che l’embrione cresce e si sviluppa nel suo corpo, ma un sistema del genere mi suona terribilmente maschilista e misogino: ancor più che alle donne, credo che l’aborto sia colpa del menefreghismo maschile, denso di atteggiamenti che, a piacere sessuale finito, delegano le responsabilità post-coito alla donna. Noi, nel frattempo, fumiamo una sigaretta.

 
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Pubblicato da su 8 giugno 2012 in Politica, Teoria

 

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L’appello dei giuristi


Ne ho parlato qualche giorno fa (Arte della distrazione) per presentare l’argomento e dire la mia; oggi torno sul tema, anche se con brevità, per segnalare la petizione lanciata da dodici giuristi allo scopo di fermare questo stupro della nostra Costituzione.Ne riporto il testo:

Con una inammissibile precipitazione il Senato ha approvato in commissione un disegno di legge di riforma costituzionale che s´intende portare in aula già martedì prossimo. Ma la Costituzione non può essere profondamente mutata senza una vera discussione pubblica, senza che i cittadini adeguatamente informati possano far sentire la loro voce. E´ inaccettabile che la richiesta di partecipazione, così forte ed evidente proprio in questo momento, venga ignorata proprio quando si vuole addirittura modificare l´intero edificio costituzionale. I cittadini, che negli ultimi tempi sono tornati a guardare con fiducia alla Costituzione, non possono essere messi di fronte a fatti compiuti.
Offrendo ad una opinione pubblica offesa da prevaricazioni e prepotenze un´esigua riduzione del numero dei parlamentari, che passerebbero da 630 a 508 alla Camera e da 315 a 254 al Senato, si vuol cogliere l´occasione per alterare pericolosamente l´assetto dei poteri istituzionali (la riduzione dei parlamentari può essere affidata ad una legge costituzionale a sé stante, senza stravolgere la Costituzione). Viene attribuita una posizione assolutamente centrale al Presidente del Consiglio, mortificando il Parlamento e ridimensionando in maniera radicale la funzione di garanzia del Presidente della Repubblica. Il Parlamento è conculcato nelle sue stesse funzioni e nella sua libertà, fino a poter essere sciolto dallo stesso Presidente del Consiglio, nel caso votasse contro una sua legge sul quale fosse stata posta e negata la fiducia. L´intreccio tra sfiducia costruttiva e potere del Presidente del Consiglio di chiedere lo scioglimento delle Camere attribuisce a quest´ultimo un improprio strumento di pressione e rende marginale il ruolo del Presidente della Repubblica. I problemi del bicameralismo vengono aggravati, il procedimento legislativo complicato. Gli equilibri costituzionali sono profondamente alterati, cancellando garanzie e bilanciamenti propri di un sistema democratico. E ora si propone di passare da una repubblica parlamentare ad una presidenziale, di mutare dunque la stessa forma di governo, addirittura con un emendamento che sarà presentato in aula all´ultimo momento.
I firmatari di questo documento denunciano all´opinione pubblica la gravità di questa iniziativa per i pregiudizi che può arrecare alle istituzioni della Repubblica e si rivolgono a tutti i parlamentari perché rinuncino a portare avanti una modifica tanto pericolosa del sistema costituzionale.

Umberto Allegretti, Gaetano Azzariti, Lorenza Carlassare, Luigi Ferrajoli, Gianni Ferrara, Domenico Gallo, Raniero La Valle, Alessandro Pace, Alessandro Pizzorusso, Eligio Resta, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky

Penso che l’analisi dei giuristi sia sufficientemente approfondita da chiarire ogni dubbi; soprattutto è molto più precisa di quanto potrebbe esserlo una scritta da me.
Appoggio l’idea che ci sia urgenza assoluta nel lottare per preservare la Costituzione e il suo impianto democratico, soprattutto in questo momento di crisi. Ancor più, penso che sia fuori luogo che questo parlamento di nominati e non eletti, palesemente sfiduciato dall’intera opinione pubblica, pensi di avere il diritto di elaborare, proporre e approvare una tale modifica.
Che i partiti la mettano a programma per le prossime elezioni e che sia il popolo a valutare; ancor più, che la riforma, approvata dal Parlamento, sia poi sottoposta al voto popolare attraverso un referendum confermativo.

Spero che questo appello sia fatto circolare anche dai (pochi) lettori del blog; nel piccolo di questo pezzettino di rete, spero di collaborare al mantenimento e alla difesa della democrazia nel nostro paese.

E’ quindi possibile firmare l’appello a questo link: più saremo, più influenza avrà questa posizione di difesa della Costituzione.

 
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Pubblicato da su 6 giugno 2012 in Politica

 

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D&D Next… una nuova speranza!


Mi prendo una pausa dai discorsi seri per trattare qualcosa di meno serio, più rilassante ma, per me, ugualmente interessante. Oggi si parla di… giochi di ruolo!

A fine maggio la Wizards of the Coast ha rilasciato un alpha-test della prossima edizione di D&D, probabilmente il più noto gioco di ruolo del panorama globale.
Dopo la pessima Quarta Edizione – un’accozzaglia di regole senza alcun significato, tutte uguali a prescindere che il personaggio sia un mago, un chierico, un guerriero o uno scarafaggio gigante anoressico latitante – che ha toccato il fondo, sia riguardo alla qualità del gioco, sia riguardo l’originalità dei setting, sia riguardo l’approfondimento ruolistico dei personaggi, le speranze di un’ampia parte dei giocatori di ruolo affezionati a un certo tipo di fantasy riposano nell’attesa di questa nuova versione del gioco.
A prima vista, lette le critiche di chi osannava lo stupro commesso con la Quarta, la speranza ha un suo significato.

Onde evitare noiosi deliri, sarò sintetico e puntuale nel trattare quanto emerso da queste poche pagine, ricordando che saranno sicuramente modificate molte cose prima della stampa del nuovo gioco e che questa è una versione alpha resa pubblica perché ci sia un ampissimo playesting.
– L’atmosfera è positivamente old: sounds old, sounds good. Sembra un controsenso ma queste poche righe richiamano veramente tanto il D&D di un tempo, quello con cui ci siamo divertiti da piccoli. Tecnicamente non è poi così simile, l’analisi è spietata, ma la sensazioni è notevole. E, si sa, in un gioco la sensazione è importantissima.
Davvero, a prendere in mano certi passaggi sembra di essere tornati indietro… senza perdere, però, i progressi di decenni di game design più moderno.
Il sistema a poteri è stato cassato: anche se non presenti in questo test, i combattenti avranno dei poteri… ma si eviterà il ridicolo effetto della Quarta Edizione. E, spero, si eviterà anche l’effetto ridicolo di Dragon Age 2, con mossette e capitomboli. Finalmente una spadata sarà una spadata e un incantesimo un incantesimo. Di nuovo. Bene così.
Ritorna il vanciano: debitamente corretto, ornato da poteri a volontà anche per i maghi, finalmente un equilibrio che sembra efficace. Il mago non è più a rischio “scarica” ma riesce a essere sempre incisivo. Meno slot, scelta più libera, ma limitazione del potere. Ottimo.
Il riposo esteso fa recuperare tutti i Punti Ferita: male, brutto danno alla sospensione di incredulità. Ma la modularità promessa dagli sviluppatori fa sperare in regole alternative per gestire, almeno, ferite a più lunga durata per chi va sotto 0 PF.
– Riduzione delle progressioni numeriche: a quanto pare, niente crescita automatica dei “bonus di attacco” con l’avanzare dei livelli. Non si sa ancora come avanzeranno ma è stato chiarito che sarà estremamente inferiore a quella a cui siamo abituati. Un orco, terribile al 2° livello, sarà ancora una sfida al 10°: solo che al 10° il gruppo potrà affrontarne decine contemporaneamente. Il che attenuerà l’effetto livello, una struttura di game design ormai sorpassata e decisamente datata, oltre che qualitativamente inadatta. Se implementato a dovere, geniale.
– Abilità basate sulle caratteristiche: un po’ un salto indietro, da un certo punto di vista. Minor personalizzazione, forse, ma senza regole per creare i personaggi… c’è poco da dire al riguardo. Possiamo sperare che siano meglio di come sembrano.
– Temi e Background: serviranno a personalizzare il personaggio, delineando cosa facevano prima di essere avventurieri e come fanno oggi gli avventurieri. Se rigidi, saranno un limite alla creatività; se comodi, saranno un vero toccasana.

L’impressione generale – che è quel che conta davvero – è che il gioco sia decisamente migliorato. Più fluido della Terza Edizione, abbondantemente fatto meglio della Quarta, se gestito bene potrà essere un vero gioiello. Di contro, come vado ripetendo da settimane, sarà un altro pacco marcato D&D. D’altronde già ora non gioco a D&D e vivo bene così: male che vada, continuerò a non giocarci. Se sarà valido, invece… beh, il fantasy a me piace da impazzire e non ci sono alternative valide a D&D.
Ora c’è da attendere luglio per la prossima uscita di materiale: il giudizio è costantemente sospeso, manca ancora un anno o forse più alla stampa. Nel frattempo si valuta, magari si prova e, soprattutto, si spera. Possibile che l’enorme fermento nel mondo dei GdR possa toccare anche D&D e rinnovarlo con efficacia? Vi saprò dire…

 
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Pubblicato da su 4 giugno 2012 in Giochi di Ruolo

 

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L’Europa che vorrei…


Circolano voci di un segretissimo piano dei vertici UE per riformare la struttura dell’Unione: maggior potere alla struttura comune a discapito di quelli dei singoli stati. Sarebbe, a quanto si dice, la formula per risolvere alcuni problemi delle singole governance, soprattutto a livello economico.
Ammesso che sia vero, per chi – come me – vedeva l’unione monetaria solo un primo, piccolo, passo verso un’unione federale vera dei paesi europei, non è certo un elemento nuovo o su cui non si sia riflettuto. Anzi: è una speranza a lungo trattenuta che potrebbe diventare realtà.

Il piano, per come sarebbe trapelato, vedrebbe un accentramento di alcune competenze – soprattutto economiche – nelle strutture comunitarie, limitando così i poteri dei singoli stati. Per compensare, però, si pensa a modificare le regole e le funzioni del Parlamento europeo, in modo che diventi realmente un luogo di confronto e rappresentanza, in attesa che gli sia concesso pieno potere legislativo. Sarà anche necessario, poi, che questo potere legislativo diventi vincolante per tutti gli stati membri… e dovremo imparare a convivere con decisioni altrui. Se, però, può essere fonte di miglioramenti notevoli, ben venga: l’importante è che l’Italia non esporti malaffare e cattiva politica, ma statiti e persone serie. Grillo al palo, dunque.

Un esempio d ottima cogestione può essere la politica legata all’immigrazione extracomunitaria; è noto che i paesi di ricezione sono in numero limitato ma che le destinazioni sono più ampie. Certo, questo è anche dovuto a leggi razziste e fasciste come la Bossi-Fini, che scoraggiano gli immigrati onesti a rimanere in Italia, lasciando qui molti criminali (delinquere per delinquere, delinquono qua, ci sono già). Per questo serve una chiara rete di suddivisione della gestione – economica, umana e umanitaria – del fenomeno immigratorio.

Diventa importante evitare che l’UE sia solo un’unione economica: anzi, credo sia necessario limitare il peso dell’economia e potenziare, invece, l’aspetto sociale dell’unità europea. Servono titoli di studio automaticamente validi in tutta l’Unione, contratti di lavoro basati su regole comunitarie, un esercito comune che cancelli quelli nazionali, una politica sociale e sanitaria che equalizzi le prestazioni e le renda efficienti su tutto il territorio, con uniformità. Il tutto abbinato a un eccellente sistema di impiego sovranazionale che consenta di cancellare i “confini sociali” tra gli stati, preservandone le singole culture non come tratti distintivi ma come ricchezza da condividere. Traduco: se l’Italia ha posti liberi, che vengano degli svedesi a lavorare qui e viceversa, senza che per questo siano visti come “quelli che rubano il lavoro nazionale”.
Dopotutto le nazioni non esistono se non per convenzione umana: penso sia l’ora di cambiare questa convenzione in Europa.

In mezzo agli entusiasmi più facili, però, bisogna tenere in considerazione i rischi: se il controllo centrale sarà gestito dalle banche e dal mondo della finanza, sarà ancora peggio di oggi. Se poi il controllo politico sarà nelle mani di neoliberisti-servi dell’economia (cfr. Merkel), allora serve chiamare la rivoluzione, non l’unione. Rivoluzione europea, però, che instauri veramente un’unità che molti sentono e non hanno il coraggio di gridare.

 
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Pubblicato da su 4 giugno 2012 in Politica, Teoria

 

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Arte della distrazione


Mentre noi perdiamo tempo a discutere di calciatori-scommettitori, marce e terremoti, loro – quel parlamentino di eletti/nominati che non vuole mollare la presa – cambiano la nostra Costituzione.
Il testo è stato approvato dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato e andrà in aula, per la prima lettura, al più presto; nelle intenzioni di ABC c’è proprio l’approvazione entro l’estate, per passare entro fine legislatura alla seconda lettura, possibilmente con oltre i due terzi della maggioranza necessaria per evitare un referendum popolare che li stenderebbe.
Serve, quindi, una mobilitazione di massa per impedire che un gruppo di criminali e incompetenti distrugga il frutto della Resistenza, della Liberazione e della Costituente.

Il testo prevede, insieme a qualche accettabile novità, un numero di porcate indefinibili: vi posto un brevissimo riassunto rinvenuto qua e là in rete.

– ART.56: i deputati sono ridotti da 630 a 508 dei quali otto sono eletti all’estero. Ora gli eletti all’ estero sono 12. L’età per essere eletti alla Camera scende da 25 a 21 anni.

– ART.57: i senatori elettivi sono ridotti da 315 a 254, quattro dei quali eletti nella circoscrizione Estero.

– ART.58: sono eleggibili al Senato gli elettori che abbiano 35 anni. Ora bisogna aver compiuto 40 anni.

– ART. 64: arriva lo “Statuto dell’opposizione”. I regolamenti parlamentari “garantiscono i poteri di Governo e maggioranza nonchè i diritti di opposizioni e minoranze”.

– ART. 69: deputati e senatori “hanno il dovere di partecipare ai lavori dell’Assemblea e delle Commissioni”.

– ART.70: si elimina l’avverbio “collettivamente” quando si afferma che “la funzione legislativa è esercitata dalle due Camere”. Da notare che seppure una formalità, questo potrebbe essere il primo passo necessario per superare il bicameralismo perfetto.

– ART.72: cambia il bicameralismo: 1) i ddl riguardanti la legislazione concorrente tra Stato e Regioni e le materie di cui all’art. 119 della Carta sono assegnati al Senato, gli altri alla Camera. 2) Per il varo di una legge basta il via libera della sola Camera cui è assegnata, ma l’altro ramo del Parlamento entro 15 giorni può “richiamare” un testo per modificarlo (ha 30 giorni di tempo per farlo). Il testo modificato diventa legge se la Camera che l’ha deliberato per prima, con un “silenzio assenso”, non decide a sua volta di “richiamarlo”. 3) rimane il bicameralismo perfetto in materie come quella costituzionale ed elettorale, di bilanci e consuntivi e quando sia prevista una maggioranza speciale di approvazione. 4) Presso il Senato è istituita la commissione paritetica per le questioni regionali. 5) Il governo può chiedere una corsia preferenziale per un provvedimento che deve esser votato entro un termine determinato e se si sfora, il testo va approvato senza emendamenti.

– ART.73: si modifica la promulgazione d’urgenza con il nuovo bicameralismo. Una legge può esser promulgata nei tempi stabiliti dal Parlamento.

– ART.74: (modifica formale) ridefinisce i poteri di promulgazione del capo dello Stato con il nuovo bicameralismo.

– ART.92: il presidente del Consiglio ha il potere di proporre la revoca dei ministri. Ora può proporne solo la nomina al Capo dello Stato.

– ART. 94: è il presidente del Consiglio, e non il governo, che deve avere la fiducia delle due Camere. Prevista la mozione di sfiducia costruttiva: deve contenere la indicazione del nuovo Presidente del Consiglio e va approvata dal Parlamento in seduta comune a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna delle due Camere. Se la fiducia viene negata, il presidente del Consiglio incaricato può chiedere lo scioglimento delle Camere o di una sola di esse a meno che il Parlamento in seduta comune, entro venti giorni dalla richiesta di scioglimento, indichi a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera il nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri.

– ART. 126: si tratta di una modifica formale sui poteri di scioglimento del capo dello Stato degli enti locali che prevede la consultazione della commissione sulle Regioni.

La rottura dell’equilibrio istituzionale penso sia ovvio; anziché andare verso l’unica direzione saggia – un indebolimento delle deleghe legislative a carico del governo, semplificando l’iter legislativo delle Camere e dando loro effettivo potere – il provvedimento distruggerebbe gli assetti attuali mettendo nelle mani del Presidente del Consiglio non solo la possibilità di revocare i ministri (rimuovendo, nel contempo, il legame di fiducia tra il governo e il parlamento, mantenendolo solo per la presidenza stessa) ma anche quella di richiedere lo scioglimento delle camere in caso non trovino un suo sostituto. Una buffonata degna del peggior Berlusconi, insomma, che raccoglie il peggio di ciascun sistema istituzionale presente sul globo.
Degno del nostro parlamento.

L’idea veramente geniale è l’approvazione da parte di un parlamento delegittimato – chi ancora vuole questa gente al potere? – con una maggioranza costruita ad arte e in grado solo di preservare i suoi stessi interessi.
Se ci si lamenta – a ragione – dell’antipolitica di Grillo, questo è ancora peggio. Urge, allora, che gli italiani si facciano sentire: se sappiamo scendere in piazza per uno scudetto o per festeggiare una vittoria della nazionale, dobbiamo saperlo fare anche in queste occasioni.
Non lasciamo passare sotto silenzio, come loro vorrebbero, questo stupro della Costituzione: non facciamoci distrarre e depistare da piccole boutade, dalla “sospensione del calcio” al “battere euro” che ci stanno proponendo in questi giorni.
La sovranità, dopotutto, appartiene al popolo, non certo a questi truffatori: mai come oggi serve che il peso popolare si faccia sentire, non solo in vista di una seconda lettura ma ben prima, in modo che ci sia tutto il tempo per attivare quelle azioni fondamentali per arginare una crisi democratica senza precedenti nella storia repubblicana.

L’ultima imponente modifica alla struttura dei poteri ha portato al fascismo: povertà, dittatura, assenza di diritti, guerra, leggi razziali. Questi i frutti che dovremmo ricordare.
Allora, per una buona volta, impugniamo i nostri diritti e la nostra volontà e facciamoci sentire. E diamine!

 
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Pubblicato da su 3 giugno 2012 in Politica

 

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