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La ragionevolezza del Male (in Grecia, in Europa, ieri, oggi e domani)


Alexis Tripras

Alexis Tripras

Non c’è casualità nel comportamento spietatamente capitalista dell’Unione europea di questi mesi, ma un piano preordinato, che affonda le sue radici nei preamboli e nelle preparazioni alla crisi globale. Ciò a cui stiamo assistendo in Grecia è solo un tassello del racconto, intessuto dalla Troika – Bce, Fmi, Commissione europea – attorno al sistema per preservarlo, una rete di salvataggio per il neoliberismo in cui l’intera Unione è immersa, addirittura sul quale si fonda l’idea che costoro hanno dell’Europa. 

SALVARE LE BANCHE. In questi giorni il sistema si sta difendendo: quello greco è un vero assalto, un tentativo di dare “scacco matto” all’Unione che difende e salva le banche anziché difendere e salvare i cittadini più poveri. In fin dei conti, a volerlo riassumere davvero in poche parole, il dilemma è proprio questo.
Se da una parte una minoranza accumula sempre più ricchezza, dall’altra la maggioranza della popolazione soffre un po’ di più, con settori sociali realmente in ginocchio e disperati. Le soluzioni proposte si appoggiano sul convincimento comune che, dopotutto, potrebbe andare peggio e che queste scelte, fatte sulla loro pelle, siano il male minore.

AUSTERITY. Dietro a un comodo anglicismo è stata nascosta una pratica al limite del disumano, che ha fatto ricadere sui cittadini una crisi causata da una finanza arrivista e deresponsabilizzata; i tagli alla spesa hanno così riguardato perlopiù le persone più deboli, i comuni cittadini dal reddito medio e basso, senza toccare privilegi e ricchi. Il succo del liberismo, lo stesso che caratterizza il “sogno americano”, ha invaso, contagiato e devastato l’Europa, convincendoci che il pareggio di bilancio fosse qualcosa di buono, un parametro reale per prendere le decisioni, dimenticandosi che persone sono anche coloro che non hanno avuto successo e non guadagnano stipendi a sei zeri.

RAGIONEVOLEZZA. Nasce così la ragionevolezza di Mario Monti e del “Salvaitalia”, i cui effetti – potenziati – vediamo oggi all’opera in Grecia. A differenza nostra, però, la Grecia ha dato una risposta: Alexis Tsipras e Syriza. Mentre l’Italia ha dato continuità all’opera bancaria e finanziaria di Monti, spolverandola con la giovanile esuberanza di Matteo Renzi, i cittadini ellenici hanno dato fiducia a un progetto alternativo al capitalismo sfrenato, capace di tutelare i deboli senza per forza passare da una rivoluzione sovietica (lo spettro ancora oggi agitato con una certa ignoranza) e, soprattutto, perfettamente in grado di rispondere ai problemi sociali ed economici, tanto più quanto più venisse adottato da un buon numero di paesi dell’Unione.

CONTRO IL MALE. Per tutti questi motivi, non possiamo tacere di fronte allo scempio della nostra terra europea: c’è modo di cambiare il modo in cui facciamo le code, ma dobbiamo comprendere i danni della cura proposta. Ben più che “effetti collaterali”, l’indebolimento delle persone, la loro dipendenza dal “padrone borghese”, la distruzione delle contrattazioni collettive e del sistema scolastico, l’abbattimento del welfare, sono l’obiettivo che la Troika, controllata da interessi bancari e finanziari, si è prefissata. Scegliamo insieme ai greci, scegliamo di dare la priorità alle persone e non al denaro.

 
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Pubblicato da su 3 luglio 2015 in Politica

 

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L’analisi del voto: c’è una richiesta precisa


A chi dice che la moderazione e lo “spostamento verso il centro” del Pd sarebbe stata una soluzione per il tracollo elettorale, abracciando magari il renzismo e, di fatto, il montismo, consiglio un’occhiata ai fatti.

Ecco la “sezione welfare” del programma vincitore delle elezioni:
– Garantire l’accesso alle prestazioni essenziali del Servizio Sanitario Nazionale universale e gratuito
– Ticket proporzionali al reddito per le prestazioni non essenziali
– Proibire gli incentivi economici agli informatori “SCIENTIFICI” sulle vendite dei farmaci
– Separare le carriere dei medici pubblici e privati, non consentire a un medico che lavora in strutture pubbliche di operare nel privato
– Incentivazione della permanenza dei medici nel pubblico, legandola al merito con tetti massimi alle tariffe richieste in sede privata

Se questo è un programma moderato, io sono Bush Jr.
La sinistra ha perso perché non ha dato queste risposte all’elettorato. Il resto sono letture faziose ohttps://i0.wp.com/farm9.staticflickr.com/8037/8067477914_f4e7eeee4d.jpgincompetenti perché si scontrano con questi dati di fatto, con il voto degli italiani. Il voto moderato in Italia è stato sepolto sotto un cumulo di volontà di riforma. Parliamo del 10% scarso raccolto da Monti e delle briciole di Giannino, oltre che del Pdl, se vogliamo metterlo nel mezzo (ma Fratelli d’Italia, destra sociale, la pensa più come Grillo che come Monti). Dall’altra parte c’è tutto il grillismo e una buona parte del voto Pd, più tutto l’elettorato Sel e Rc. Più della metà del paese, la maggioranza assoluta degli italiani. Da quanto non c’erano indicazioni così chiare della volontà popolare?
Diamoci una svegliata, sinistra: tetti massime alle tariffe private, capiamoci! Praticamente la morte del capitalismo e del liberismo. L’Italia ha votato per mettere delle regole più ferrei ai privati nella sanità… rendiamocene conto invece di sognare libertà astruse che portano a gravi ingiustizie reali
Non vedere che il paese chiede una svolta verso una società più equa è come non vedere la mucca nel corridoio. Mentre ti calpesta.

 
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Pubblicato da su 28 febbraio 2013 in Politica, Sproloqui, Teoria

 

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La sinistra al bivio: il domani non può essere ieri


Questo è un pensiero nato su Facebook, come un posto in risposta a una discussione.
Lo condivido sul blog, perché credo dica tutto riguardo ciò che penso del futuro della sinistra e del paese. In poche righe.

https://i0.wp.com/cdn1.beeffco.com/files/poll-images/normal/sinistra-ecologia-liberta_10319.jpg

Renzi non porta alcuna novità. Anzi, peggio: la sue posizioni sono una riedizione postuma delle idee della Tathcher e di Reagan che, con il senno di poi, possiamo dire erano pessime e ci hanno condotto all’attuale crisi economica. Come disse “qualcuno”: “Renzi è giovane e simpatico ma ha idee vecchie e antipatiche“.
Basta con il liberismo, basta davvero. Servono riforme serie del welfare e degli amortizzatori sociali, e che non siano privatistiche, perché la salute è un diritto e non può essere nelle mani delle logiche di mercato. Serve un profondo ripensamento della scuola e della cultura nel paese, perché altrimenti si rimane nel baratro del berlusconismo e del grillismo (a partire dall’eliminazione dei finanziamenti alla scuola privata che sono incostituzionali!). Serve un rilancio della politica industriale ed energetica, guardando al futuro, guardando agli operai e ai loro diritti, compreso il lavoro: perché il lavoro è un diritto, non qualcosa che devi sognare la notte o per il quale devi prostituirti! In generale serve che guardiamo al futuro, non a una società capitalista ormai collassata: perché quello che propone Renzi è la visione montiana del futuro. Fatto di rigore, fatto di conti che devono tornare e fatto di numerose altre assurdità che con lo stato sociale, con la solidarietà, con l’uguaglianza di fatto delle persone non hanno nulla a che vedere.
Se la “sinistra” che si ha in mente per il futuro è una sinistra che privatizza la sanità, una sinistra che apre ai prestiti studenteschi per gli studi, una sinistra che vuole continuare a finanziare la scuola privata, una sinistra che lascia nella bratta gli operai distruggendo i loro diritti – quei diritti che ha scritto la DC, mica il PCI! Diamine, ci fosse oggi Moro prenderebbe a testate sia Renzi che Bersani, ma soprattutto Renzi! – e una sinistra che non intende far uscire il paese dal populismo postberlusconiano in cui siamo caduti, io di questa sinistra non voglio far parte. Mi fa schifo quanto il Pdl ed è antitetica a tutto ciò in cui credo: umanamente, politicamente, religiosamente, scoutisticamente!

 
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Pubblicato da su 28 febbraio 2013 in Politica, Teoria

 

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La fine!


https://i0.wp.com/www.malitalia.it/wp-content/uploads/2011/11/theend_berlusconi_pp-300x210.jpgMentre si concludono i conteggi di queste elezioni quantomai complesse da leggere, trovo giusto evidenziare un dato, frutto dell’analisi numerica, che può darci un indizio della direzione da prendere.
L’era del centrodestra berlusconiano è finita: finita con un collasso complessivo del numero di voti ricevuti, passati dai 17 milioni del 2008 agli attuali 10 (poco meno, in verità). Si tratta di una discesa netta del 42%, ampiamente superiore a quella del Pd (comunque grave e attorno al 30%). Paga moltissimo la Lega, che lascia per strada oltre 1,7 milioni di voti, più del 55% dei consensi.

Solo il sistema elettorale abbastanza buffo mantiene in piedi il potere – ma non il consenso – di Berlusconi. Troveranno tempo le interpretazioni sulla creduloneria e sul buonsenso elettorale degli italiani, oggi concentriamoci su una questione più “apocalittica”, anche più centrale del boom del M5S.

Berlusconi è, numericamente, alla frutta: una frutta che puzza anche un po’ di stantio. Non è un augurio, è l’interpretazione dei numeri: come previsione potrà essere smentita da ulteriori e differenti evoluzioni dello scenario, ma in un comportamento lineare delle altre forze – chiederlo al Pd, però, potrebbe essere illudersi – il risultato di oggi è un KO definitivo.
Il consenso che si era costruito negli anni è rimasto in piedi, parzialmente, per una combinazione di fattori:
l’incapacità del Pd (e della sinistra tutta) di farsi alternativa credibile
l’irrompere del M5S, visto che i flussi elettorali dei grillini pescano più a sinistra che a destra (pur svuotando di fatto la Lega)
il sistema elettorale folle, che al Senato premia eccessivamente le regioni popolose

https://i0.wp.com/www.giornalettismo.com/wp-content/uploads/2012/12/scandali-di-berlusconi26.jpgI primi due punti sono la chiave del sistema: la sinistra, ancora una volta, è stata inadeguata. Proposte scialbe, nessun mordente in campagna elettorale, efficacia comunicativa ridotta e i cavalli da corsa, quelli che, pur non essendo i leader, dovevano essere sparati in tv tutti i giorni, tenuti in cantina. Quando hai due ammaliatori di folla come Vendola e Renzi, non puoi permetterti di mandare Bersani: capisco le ritrosie del Pd a dar spazio al leader del partito alleato – limitatamente, perché anche se avesse strappato qualche seggio in più grazie alla visibilità accresciuta, di certo avrebbe ripagato con molti più voti conquistati – e allo sconfitto delle primarie, ma credo che il sacrificio sarebbe stato ampiamente ricompensato. Si poteva e si doveva vincere.
Questo ha comportato non solo lo spazio per il recupero del Cainano ma anche la cessione di ingenti quote di voto dalla sinistra a Grillo. Non si può infatti ignorare il calo di voti del Pd e la crescita dei grillini, sicuramente elementi collegati, spesso sul territorio, dove le amministrazioni di sinistra non si sono dimostrate sufficientemente sensibili ai veri temi cui l’elettorato e la cittadinanza erano interessanti. La sinistra ha perso il confronto, pur con questa risicata maggioranza numerica: possiamo fare tutte le analisi che volete ma, in definitiva, la motivazione è una sola. Monti.

Torniamo a B.: credo che neppure il Pd possa risuscitarlo da una botta di questo tipo. Berlusconi è stato mollato da tutto l’elettorato realmente reattivo alla realtà, questo è ciò che emerge seriamente dalle elezioni. Possiamo riflettere su un consolidamento di una decina di milioni di persone che lo votano comunque – una certa, piccola, percentuale ha votato le liste correlate per osteggiare la sinistra e nella speranza di una crescita per il futuro: questa la scelta di Meloni e Crosetto, per esempio – ma è un flusso in buona parte costruito sulle promesse vacue della campagna elettorale, un exploit che può essere fermato da un competitor dotato di anche solo un minimo di capacità comunicativa (e di uno staff all’altezza). E da una proposta all’altezza nel reale centrodestra, che chiami a sé gli stakeholder dei voti liberisti e della destra moderata.
Berlusconi può festeggiare per i seggi conquistati ma deve piangere per il consenso definitivamente eroso: e quello conta in politica, perché dovrà trovarsi a confrontarvisi, in un modo o nell’altro.

Riguardo Sel, un solo piccolo appunto: da sola ha fatto meglio dell’intera Sinistra arcobaleno. Per quanto la situazione sia difficilissima, la sinistra italiana ha registrato una crescita percentuale interessante, passando dal 3,02% a quasi il 5,5%. Bruscolini, vero, ma sicura testimonianza di una richiesta di attivismo che, se combinata con la forte denuncia delle politiche liberiste che ha vinto queste elezioni, può consentire di crescere. Assieme, però: perché dobbiamo imparare a essere uniti e a essere squadra per il governo, non testimonianza fine a se stessa.

 
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Pubblicato da su 26 febbraio 2013 in Politica, Teoria

 

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Persone, mercato, prodotto: il valore della persona


Negli ultimi giorni a colpirmi sono state in particolare due notizie: il crollo degli iscritti all’Università e il relativo commento di Prefumo e la decisione della Fiat di lasciare a casa, con stipendio, i 19 lavoratori di Pomigliano reintegrati dopo sentenza del Tar. Sono notizie apparentemente distanti e sconnesse ma credo forniscano stimoli per una chiave di lettura univoca della realtà in cui ci troviamo a vivere.

La connessione tra i due accadimenti è presto spiegata: entrambi denotano lo scarso valore assegnato alla persona, alla sua dignità e alle sue ambizioni.
Sminuire il calo di iscritti universitari parlando di ottimizzazione del rendimento significa anche negare che l’istruzione è un diritto: significa, a ben vedere, pensare che l’istruzione – a qualsiasi livello – sia solo uno strumento di formazione per produttori/consumatori. La scuola serve solo a insegnare. Eppure a me hanno insegnato che imparando la chimica apprendi anche a relazionarti con altre persone e che lo scopo dell’istruzione non è tanto la competenza acquisita – importante, certo, ma non marcatamente prioritaria – ma conferire alle persone gli strumenti con cui realizzare il loro desiderio di felicità. Le parole di Profumo – e il generico atteggiamento verso l’argomento – denotano questa attenzione alla persona in formazione – bambino, ragazzina, giovane che sia – rivolta solo all’acquisizione delle competenze. Nulla riguardo la realizzazione dei propri sogni, fosse anche una laurea inutile. Ridurre l’istruzione a solo trapasso nozioni comporta anche ridurre la persona a “cosa”: eh si, perché se i miei sogni non contano, se le mie relazioni sociali sono solo un contorno alla mia produttività, se le mie aspirazioni devono essere sedate di fronte alla necessità della produsione, persona non sono più.
E non sono più una persona neppure se il mio lavoro è scambiabile con il denaro: ne avevo già parlato in occasione dell’insensata modifica all’articolo 18 del c.d. “Statuto dei lavoratori” ma temo che il messaggio non sia stato abbastanza chiaro. La posizione della società guidata da Marchionne continua a cercare di far passare il seguente messaggio: lavorate solo per la retribuzione. Ora, nessuno ritiene che lavorare gratis vada bene o che qualcuno schifi il denaro. Tuttavia ridurre il lavoro a un mero scambio di merce significa svilire il fondamento stesso della democrazia italiana. La Costituzione – povera donna, con gli stupri montiani – si fonda proprio sul lavoro: non sul denaro, non sulla retribuzione, non sulla produzione. Sul lavoro.

Entrambe le notizie sembra individuare un nuovo passo nello svilimento umano. Soggetto del marketing a scopo di acquisto compulsivo, oggetto della produzione di ciò che viene venduto, l’essere umano sembra possedere un valore in quanto tale. Nulla valgono le sue aspettative, i suoi sogni, i desideri, i sentimenti e la dignitià. Ciò che ci rende umani è, per Marchionne, la Fornero, Profumo e molti altri, solo un orpello. Magari da eliminare, in modo che si lavori meglio, si vada in pensione dopo e, possibilmente, lo si faccia senza protestare troppo.

Mi domando se affrontiamo una problematica italiana, isolata al nostro “stivale”, o se si tratta di una deformazione globale. Il valore di un essere umano è diventato infinitesimo: abbiao a che fare con il prodotto ultimo del berlusconismo o stiamo fronteggiando una più generica crisi valoriale del mondo occidentale? Ciò che ha valore è ciò che questo essere umano produce e consuma. Sarà anche così da un pezzo ma forse ora abbiamo le energie per cambiare: se non le abbiamo, dobbiamo trovarle.

 
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Pubblicato da su 5 febbraio 2013 in Politica, Sproloqui, Teoria

 

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Un (altro) cartonato in politica


Renzi: pupazzo forzitaliota?Dal 1994 a oggi abbiamo vissuto una stagione politica in cui la democrazia propriamente detta è stata sospesa: una certa fetta del popolo italiano (circa 1/3 degli elettori) è stata irretita da un’operazione di marketing televisivo e mediatico, operazione che ha costruito un politico a partire da un imprenditore.
Sopra all’immagine dell’ìimprenditore di successo Berlusconi – tutti sono capaci ad avere successo con le sue amicizie, diciamolo però – è stato incollato il cartonato del leader politico. Tuttavia l’occhio attento poteva fin dal 1994 riconoscere che, dietro agli slogan, dietro alle parole di facciata, si nascondeva il nulla. Il Governo Berlusconi dell’ultima legislatura ha dimostrato con buona precisione questa teoria: il nulla siderale, l’assoluto cosmico del vuoto. Nessun programma, nessuna realizzazione: solo la sopravvivenza del governo stesso, dello stipendio dei parlamentari, l’impunibilità del Berlusconi indagato & inquisito.

La generazione che va dai 30 ai 50 ha l’occasione oggi di rivivere l’esperienza del 1994. Su una sponda (apparentemente!) differente l’operazione si sta ripetendo. Nome diverso, look diverso ma temi simili: l’analisi è inquietante.
Matteo Renzi è il prodotto di questo svuotamento contenutistico berlusconiano: in risposta al vuoto mentale insufflato dal sistema berlusconiano in questi anni – con l’eliminazione della scuola pubblica, con l’eliminazione della cultura in Tv, con l’arrivo di “reality” & simili al posto di questi fattori di crescita mentale – stanno cercando di impiantare un vuoto ancora più spinto, prodotto stesso del vuoto precedente.
Osserviamo bene Renzi. Programma patinato, look all’americana, campagna elettorale in grande stile, imponente presenza mediatica, grande capacità nel confronto con i mezzi di comunicazione, giovane età, slogan accattivanti… un programma fatto di slogan, dietro ai quali c’è il nulla o il “talmente vago che può starci di tutto”… la promessa di un cambiamento e della sparizione di chi ha causato i problemi all’Italia: e l’accusare la “passata generazione” di essere l’unica causa di questi problemi. Rimossa questa, rimossa i problemi.
Ancora una volta ricette e formule magiche che, miracolosamente, cambieranno il paese.
Anziché un uomo di cultura, uno statista, eccoci un altro prefebbricato.

Come diciotto anni fa molti italiani corrono a Renzi come le falene corrono alla luce: ciechi, incapaci di vedere e distinguere. Siamo un popolo che giace sul fondo della scala e sembra goderne. Vuole rimanerci a tutti i costi.
Molti italiani oggi corrono dietro a slogan e motti, non a programmi e ideali politici: una certa sinistra questo l’ha capito – è il merito di Vendola che, dietro alla campagna “Oppure Vendola” ha saputo inserire contenuti e programmi da vero “acchiappanuvole” – un’altra no e infatti rischia l’estinzione. Estinzione, però, che ancora uan volta non graverà sui politici inetti – Bersani la sua pensione ce l’ha assicurata – ma sugli italiani, che rischiano di essere governati ancora una volta da politici cartonati o, peggio, inetti teleguidati.Un programma cartonato: fcciate senza sostanza

Il programma di Renzi mi ha sempre evocato un’immagine precisa: quella delle facciate di palazzi dei set cinematografici. Possibilmente un western, in modo che la casa sia isolata nel deserto, o quasi. Un’immagine di tristezza e desolazione: un po’ il futuro che ci attende se avremo a che fare ancora una volta con un politico finto, attore vero.

Immagino che certi aspetti di questo post suonino come allarmismi vanitosi e saccenti: sono sicuro di non portare una soluzione definitiva e priva di difetti (Vendola) ma sono anche sicuro che Renzi non è una strada politica percorribile con onestà e senso civico. Renzi è il vuoto, è Berlusconi-dopo-Berlusconi, l’ennesima incarnazione di una politica fatta di finzione, menzogna, bei racconti e nessun contenuto reale. La sua vittoria sarebbe l’ennesima prova del controllo del denaro sulla nostra vita politica: cittadini illusi di poter vedere un paese migliore, irretiti dai colori e dalle luci, incapaci di vedere la realtà che si trova dietro la scenografia. Altre politiche liberiste, altro spazio per la finanza e altre riduzioni di diritti per i cittadini. Altri danni allo stato sociale, altre privatizzazioni, altra svendita di conquiste sindacali, altri appoggi a Marchionne, altri vincoli alla spesa che sopravanzano la necessità di spendere bene quel denaro. Altre parole-chiave, altri slogan, altre lucine che illudono. Altri voti buttati, trasformati in azioni dannose per la comunità. Se passano trovate del genere, davvero il danno più grosso del ventennio berlusconiano sarà quello alla cultura e il suo piano di attacco avrà conquistato una vittoria, incancrenendo l’Italia in un costante berlusconismo.
Un copione già letto, mi direte, l’abbiamo visto da vicino negli ultimi diciotto anni: eppure sta per andare di nuovo in scena.
Eppure c’è un’Italia migliore!

 
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Pubblicato da su 20 novembre 2012 in Politica

 

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La Chiesa, i tempi e la bussola smarrita


Nichi Vendola sulla tomba di MartiniDovendomi occupare di politica in sostegno ai comitati per le primarie della sinistra per Nichi Vendola, è inevitabile che mi ponga domande riguardanti la natura e le specifiche di questo mio impegno, il partito che guida Vendola e l’insegnamento della Chiesa.
Sicuramente Vendola, che pur è cattolico, ha posizioni spesso in contrasto con quelle ufficiali della Chiesa, soprattutto quando si tratta di temi “etici” (come se non sfruttare i propri dipendenti non fosse una questione etica…). Vero è che questi stessi temi sono trattati a tutti i livelli della Chiesa e che, come ben sappiamo, il credente di base non sempre condivide le conclusioni a cui giungono i vescovi, oggi spesso distanti dal “sentire” del popolo. Vero è che anche la Chiesa su certi temi – omosessualità, eutanasia, aborto – si è espressa con fermezza e chiarezza da tempo.
Proprio nell’analizzare la coerenza delle mie scelte – vendoliano e cattolico, quadro Agesci e portavoce del comitato savonese per Nichi – sono sorte delle domande proprio su questo, che mi hanno spinto a riflettere sulla Chiesa, sulla sua missione e sull’attuale “stato dell’annuncio”, a cinquant’anni dal Concilio. Racconto allora le mie riflessioni: non sono conclusioni e non sono definizioni. Sono dubbi e domande, in divenire, perché la situazione mi interroga dal profondo e non credo basti un post e un pomeriggio di ponderazione per dipanare la nebbia.

Mi sono chiesto oggi se la Chiesa non stia concentrando il suo impegno su un solo fronte, scordando altri fronti o, comunque, tralasciandoli. E mi sono anche chiesto se questi “fronti secondari” sono davvero così marginali nel messaggio cristiano.
Essere favorevole ai matrimoni gay rischia di porre in contrasto con la gerarchia ecclesiastica e con il Magistero; tuttavia non lo fa lavorare per una multinazionale che sottopaga i propri dipendenti nelle filippine o che produce armi. Le conferenze episcopali – quando non il Vaticano – si scagliano contro le leggi che consentono unioni civili a prescindere dal genere ma non accusano gli stati di praticare politiche che creano maggior disuguaglianza sociale.
Su alcuni temi la predicazione si ferma a posizioni importanti, su altre pretende il vincolo del credente. Ma davvero è così prioritario impedire l’eutanasia e così di scarso valore lavorare per una miglior distribuzione delle ricchezze sul pianeta? Davvero un tema che riguarda la libertà di coscienza del singolo – libertà di coscienza che la Chiesa, con il Concilio, rispetta – deve occupare più spazio nella definizione del cristiano rispetto all’impegno per migliorare le condizioni di vita di miliardi di persone?

Non potrebbe allora prevalere la sensazione che la Chiesa stia perdendo la bussola, non sappia reagire ai temi che corrono e non riesca a far capire come Gesù Cristo e il Vangelo sono la risposta alle domande della donna e dell’uomo dei nostri tempi? Non lo fa, forse, perché sceglie male le battaglie in cui impegnarsi a fondo.
Credo che il cuore del messaggio cristiano sia l’amore fraterno. Spero, almeno in questo, di essere nel giusto. Parto da questa base, o almeno ci provo, nella mia vita, nella mia azione, anche nel mio schierarmi politicamente. E vedo, per esempio, che le politiche capitalistiche/neo-liberiste sono del tutto antitetiche con un concetto di giustizia sociale che si riferisca all’amore fraterno. Perché la Chiesa non interviene con la stessa forza e le stesse pressioni che impiega su temi scottanti quali l’eutanasia e l’omosessualità, contro il maltrattamento e lo sfruttamento dei lavoratori, contro il lavoro precario, contro lo stupro del Creato e contro l’uso della guerra per la risoluzione dei conflitti internazionali?Il Concilio, bussola per la Chiesa
Lo storico che è in me vede collusione con il potere; il credente cerca una ragione, cerca una bussola, cerca un aiuto e una spiegazione. Perché non riesce del tutto a vedere la Chiesa del Dio dell’Amore in queste scelte. E sa che la Chiesa in cui crede – quella della sua Confessione di Fede – non è la Chiesa “istituzionale” ma quella invisibile, nota solo al Padre. Questa è la risposta che si dà in quest’ora buia.

Prego molto su questi stimoli e queste riflessioni. Prego per capire e prego per avere la forza di cambiare le cose dove non mi sembrano rispondere al Disegno del Padre. Prego per il discernimento e prego per la Chiesa: noi cristiani, illuminati ora dal Concilio, dobbiamo tenere accesa quella candela, prima che si spenga e ci restituisca alle tenebre. Dobbiamo cogliere i segni dei tempi, respirarli e dal loro la Parola e il Padre come orizzonte di realizzazione. O ci estingueremo.

Un inciso polemico, solo uno, concedetemelo: in Italia il principale partito di riferimento dell’area cattolica è guidato da un divorziato risposato. Con figli. Penso possa spiegare molte cose riguardo alla coerenza… ma non mi solleva dalle domande sulla mia coerenza.

 
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Pubblicato da su 16 novembre 2012 in Diari, Il Concilio, Politica, Religione, Sproloqui

 

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Un domani uguale. Oppure Vendola


Il tormentone della campagna elettorale di Nichi Vendola in vista delle primarie del centro sinistra ha colpito, coinvolto e travolto anche me.
In questi giorni di silenzio dal blog mi sono dedicato un po’ al Festival della Scienza, un po’ al comitato cittadino che sostiene il presidente della Puglia nella sua corsa contro Bersani, Renzi, Puppato e Tabacci. Si parla davvero di prendere posizione, per una volta, e di farlo in grande stile… per quanto Savona permetta.

Ho poche righe per spiegarvi e spiegarmi perché questo sostegno al presidente di Sel.
Uno dei motivi centrali è che credo ci abbiano mentito. Ci hanno preso per i fondelli per anni e continuano a farlo, governo Monti in testa a questa colonna.
Per un bel po’ di tempo ci hanno raccontato che il problema del paese è il debito pubblico, che il Pil è un ottimo misuratore del benessere degli italiani, che il debito si poteva ripianare solo con ingenti tagli alla spesa, che uno stato che spende troppo non va bene e che si deve lasciar maggior libertà all’impresa di agire. Da questi “assiomi” sono discese le privatizzazioni, le politiche liberali, la detassazione dei redditi finanziari, la massima libertà per le banche, i tagli al welfare, il diritto al lavoro barattato per denaro e la flessibilità lavorativa che è diventata precarietà costante nella vita.
Penso che tutto questo non risponda alla verità: penso che la spesa possa essere mantenuta e, anzi, potenziata, ovviamente rendenola più consona a uno stato sociale che abbia a cuore la sua popolazione. Penso che il Pil non misuri la felicità e che la ricchezza non abbia bisogno di comandare, ma che vada distribuita con maggior equità. Penso che lo stato non debba né privatizzare né svendere il suo patrimonio immoboliare, bensì far fruttare tutto quanto. Penso che serva un’attenta, profonda e feroce politica di lotta all’evasione e alla corruzione, fenomeni che strappano ogni anno decine di miliardi di euro alle casse dello Stato.
Credo che queste siano le priorità del paese, non l’austerità, l’aumento dell’Iva o la riduzione delle condizioni contrattuali degli operai Fiat.

Mi sono schierato con Vendola anche per una questione di onore. In un paese che vede il termine onore o come una parola di mafia, o come una burla d’altri tempi, sentire un uomo del sud che si appella a quella nel dedicarsi alla politica attiva può scaldare il cuore. E poi Vendola è uno che brandisce la Costituzione, senza paura di scottarsi e senza paura che questa lo morda – abbiamo tutti ancora in mente l’opinione del Nano riguardo la Carta.
Credo che se vogliamo davvero realizzare quei bellissimi articoli che parlano di diritti, lavoro, uguaglianza e solidarietà Vendola sia la scelta migliore. In una sinistra che è divisa tra chi parla e promette come un liberale, e quindi di sinistra non è, e chi ha dimostrato impegno ma ha anche appoggiato Monti, io credo fermamente che l’unica voce di cambiamento realistico e possibile sia Nichi Vendola.

Ci sentiamo spesso dire che “i programmi non contano perché i politici sono tutti uguali e una volta lì rubano tutti“. Se qualcuno la pensa così, eviti di guardare fuori dalla finestra. O di fissare uno specchio.
La politica è la più alta forma di Carità“, diceva Paolo VI, e possiamo anche ricordarci che “Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!”.
Io aggiungo che la politica è servizio, dono e altruismo. Solo con questo in mente possiamo restare cittadini, essere attivi nella nostra società e sostituire quanto di marcio – ed è stato molto – ha calcato la scena politica in questi anni di repubblica malata.

E anche in questo la mia fiducia va a Nichi Vendola, che in Puglia ha sicuramente dimostrato di sapersi dedicare al territorio. Sbagliando, anche, commettendo errori ma sapendo ammetterli e tornare indietro, o affrontando le difficoltà e le opinioni contrarie, accettando in pieno la sua umanità e la sua fallibilità.
L’epoca degli eroi di cartone e plastica, dei politici costruiti chirurgicamente deve finire qui.

Possiamo allora scegliere di appoggiare la sinistra del “carbone pulito” a Vado, o la sinistra della Gronda a Genova, quella della fedeltà a Marchionne e quella del pareggio di bilancio in Costituzione, della riforma pensionistica e dell’appoggio a Trenitalia che ci lascia ogni giorno a piedi in stazione.
Possiamo fermarci lì e accettare tutto questo. Ma io penso che di fronte a questo panorama drammatico non ci restano che rassegnazione e silenzio.
Oppure Vendola.

 
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Pubblicato da su 8 novembre 2012 in Politica

 

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Smontiamo Monti


Mi prendo l’onere e l’onore di replicare a questo articolo dell’onorevole Mario Adinolfi su Europa. Credo che il suo pezzo contenga più o meno riassunti tutti i temi centrali sui quali la linea politica della sinistra deve chiarirsi le idee nel prossimo futuro.
Da parte mia, come elettore di centro-sinistra, ho una posizione abbastanza precisa e non mi tiro indietro dal discuterla.Il confronto, soprattutto quando pacato ed educato, credo non possa che portare giovamento a tutti. 

A differenza di quanto scrive Adinolfi, credo che, se il riformismo italiano è quello al quale abbiamo assistito con il governo Monti, sia necessario un sano e forte controriformismo. Le decisioni prese dall’attuale governo sono diametralmente opposte alle esigenze del corpo elettorale della sinistra e, a ben vedere, al Dna stesso di ogni sinistra riformista che, conoscendo l’attuale mondo, voglia allontanarlo a piccoli passi dallo spietato sistema liberista che sembra essersene impadronito.
Credo che la sinistra, se non vuole limitarsi a ottenere una vittoriuccia parziale alle elezione ma se intende governare davvero il paese e dargli una spinta propulsiva, debba invertire drammaticamente la rotta su molti temi rispetto a quanto fatto dal “governo tecnico” che ci sta tutt’ora guidando.

Io penso si possano ridurre i grandi temi di discussione a una manciata, che esporrò puntualmente.
Serve eliminare il pareggio di bilancio dalla Costituzione: questo è stato uno stupro alla Carta che sancisce ciò in cui l’Italia crede e ciò a cui le nostre istituzioni tendono. Mi rifiuto di pensare che la spesa – il bilancio – quindi il denaro siano così importanti in quanto tali da governare al posto dell’esecutivo. Perché, con questa modifica, è ciò che può accadere. In nome di un obbligo costituzionale – il pareggio di bilancio – il governo è tenuto a effettuare tagli alla spesa, ivi compresa la spesa su materie sociali che, a mio modo di vedere, deve invece crescere di pari passo al crescere della popolazione. Non possiamo lasciare la gestione della sanità pubblica in mano a esigenze di cassa (o la salute delle persone in mano alla sanità privata). Il centro della nazione non può essere il denaro o i conti pubblici: il centro sono le persone e le loro esigenze. Se serve spendere, si spende.
Serve rivedere la Riforma Fornero in materia pensionistica e, più in generale, di previdenza sociale. Qui ci sono due ordini di problemi. Non possiamo consegnare alla futura povertà chi oggi stenta a trovare lavoro – e ci metto me stesso in mezzo – o chi cercherà lavoro a partire da domani. E neppure è giusto che, terminata la fase produttiva della propria esistenza, ci si debba affidare ai risparmi o alla famiglia: chi lavora merita un’anzianità decorosa perché ha dato molto allo Stato e dallo Stato molto deve ricevere. Ovviamente questo coinvolge anche la modifica delle nuove età pensionabili, inadeguatamente alte, che avranno effetti drammatici: a 64 anni come potremo pretendere che una maestra sia ancora efficace con i suoi bambini, magari dopo quarant’anni dietro la cattedra?
Serve tornare al precedente testo dell’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, perché, come dice la Costituzione, il lavoro è un diritto e i diritti non si scambiano con il denaro. Il passaggio filosofico pericolosissimo è proprio questo: ceduto su un diritto che è ora divenuto merce, cosa ci impedirà di cedere anche sugli altri?
Credo anche che l’estensione dell’Articolo 18 a praticamente tutti i contratti attualmente esistenti, compresi quelli precari, assieme ad altre misure, possa rendere il lavoro precario meno vantaggioso di quanto oggi è, costringendo di fatto i datori di lavoro a praticare assunzioni a tempo indeterminato. Ma questo è un altro tema ancora.

Non è mia intenzione condannare Monti né il suo governo: semplicemente non ne condivido la linea politica. Apprezzerei moltissimo, invece, che tolga gli abiti del sedicente tecnico (perché tecnico non è stato!) ed entri nell’area politica nel settore di sua appartenenza: il centro-destra liberale del quale incarna i più alti valori e la compostezza morale. Nel dopo-Berlusconi ne abbiamo quanto mai bisogno.

Ciò di cui non abbiamo bisogno, a mio avviso, è una sinistra come quella che dipinge Adinolfi. Non credo proprio ci serva una sinistra che si affanca alle politiche liberali del centro-destra e che rinuncia a difendere i deboli per appoggiare le decisioni forti. Credo, invece, serva una sinistra forte delle sue posizioni che ancora sogni di cambiare un po’ questo sistema e di rendere la società e l’economia al servizio dell’uomo, quando invece oggi accade il contrario. L’esempio più lampante credo sia proprio Matteo Renzi, la cui programmazione è forte di tutte queste linee filo-liberiste che, sinceramente, trovo inappropriate per una vera politica di sinistra (o di centro-sinistra o, al limite, anche solo cristiana).

 
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Pubblicato da su 25 ottobre 2012 in Politica, Sproloqui, Teoria

 

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Renzi: quel che non dovrebbe esserci


Riprendo a scrivere – per un po’ – su stimolo attento dell’attualità, perché di materia su cui scrivere ce n’è parecchia.
Qualche giorno fa Matteo Renzi è stato a Savona; il suo tour elettorale per le primarie della coalizione di centro(sinistra) l’ha portato in Riviera, con abbondante afflusso di pubblico, affascinato dall’orazione. Stimolato dalla questione, mi sono dedicato alla lettura del programma di Renzi: avevo già letto (e commentato) i suoi 100 punti, trovandoli drammatici come programma della sinistra. Ora mi son dedicato a una nuova analisi. Con risultati diversi, anche se altrettanto preoccupanti.

Devo dire che l’attuale programma, rispetto ai 100 punti, è un passo avanti. Leggendo bene le materie trattate e gli spunti si respira, finalmente una certa aria di sinistra, quell’aria di cui ha tanto bisogno il paese. Non abbastanza, secondo me, ma un passo avanti rispetto a novembre 2011.
Ovviamente le delusioni non mancano… e ve le elencherò tutte.

Il primo elemento, che già da solo basterebbe a far buttare Renzi, il programma e i suoi collaboratori nel primo depuratore per il riciclaggio è l’appoggio all’opera di Monti. Renzi – e la Bindi, che mi ha profondamente deluso per questo – intende porsi in continuità con l’operato del governo Monti.
Partiamo dal presupposto che Monti è l’esatto opposto di una politica sociale degna di un qualunque partito di centro-sinistra (per non dire cattolico, com’è Renzi). Il PD fino a ora ha condotto una politica becera al riguardo, appoggiando Monti perché, se fossero finiti loro al governo con nuove elezioni, non avrebbero saputo dove mettere le mani. Serviva uno strumento di distrazione. A farsi distrarre, però, sono stati i dirigenti del PD, che oggi intendono proseguire l’opera di Monti. Renzi in testa.
Anche se vorrei un sano partito socialdemocratico – non alla Berlusconi – che remi ampiamente contro l’intero sistema liberale made in Monti fin da subito, potrei tranquillamente accettare di supportare, di fronte a un programma valido, anche qualcuno che fin’ora l’abbia appoggiato in parlamento, quantomeno definendolo un “male necessario”. Un politico del genere, in assenza di seri soggetti di sinistra vera, mi andrebbe bene. Avere a che fare con un sindaco che intende proseguire sulla strada di Monti – vedrete cosa dirò in materia di previdenza – mi fa rabbrividire. Mi aspetterei, almeno, l’intenzione di smontare parte delle riforme montiane – almeno il pareggio di bilancio in Costituzione, vi prego – e l’idea di instaurare un serio sistema di welfare state alla scandinava. Almeno. Mica pretendo del socialismo reale, peraltro impossibile (Popper l’ho letto…).
Detto questo, che basterebbe per chiudere, torniamo al programma di Renzi. Oggi i punti dolenti, domani le positività. Sono indicati proprio con la numerazione del programma renziano, che trovate qui, in modo da avere una semplice consultazione sinottica.

1.b Allo stesso tempo, i cittadini devono poter scegliere un leader messo in condizione di governare per l’intera legislatura e di attuare il programma proposto alle elezioni
Un che? Un leader?
Perché mai?
Questa frase indica quanto profondamente abbiano inciso vent’anni di berlusconismo. Ora serve un leader. Peggio, questo deve poter governare dopo le elezioni. Magari pretenderà anche che nel governo ci sia il partito di maggioranza relativa, per forza, senza possibilità che a governare sia una maggioranza diversa.
Così possiamo buttare la repubblica parlamentare lasciataci dai Padri!
La struttura istituzionale del paese prevede espressamente che il governo possa cadere e possa formarsene un altro. Non è un difetto, è un pregio.
Significa che il centro del nostro paese è il Parlamento, non il governo. E va benissimo così: non lo voglio eleggere il Presidente del Consiglio dei Ministri (che non è il Primo Ministro). Voglio che lo nomini il Quirinale, sentiti i partiti. E voglio che sia un funzionario che dirige l’operato del governo, il quale, a sua volta, rende operative – esegue – le decisioni del parlamento.
Voglio che, come insegna la Costituzione, sia il Parlamento il fulcro democratico del paese.

3.a Ridurre il debito attraverso un serio programma di dismissioni del patrimonio pubblico
Ottimo. Non pensiamo alle generazioni future, freghiamocene di cosa lasciamo al paese di domani. Vendiamo tutto.

Il debito non si riduce svendendo le proprietà: si riduce soprattutto recuperando quel che è stato tolto e quel che cercheranno ancora di togliere (evasione fiscale, per esempio). Si riduce rendendo produttiva la popolazione con una sana – e onerosa – politica di sostegno sociale.
Vorrei dire che riduce cambiando radicalmente il sistema economico di riferimento… ma poi mi danno dell’utopista.

4.d.1 Mettere a punto un sistema di valutazione delle università e sostenere quelle che producono le ricerche migliori.
Ho sempre sognato anch’io che ci fossero università di serie A e università di serie B.

Davvero.
Era un incubo, certo, l’incubo dell’abolizione del diritto allo studio e dell’uguaglianza.
L’azione da compiere è l’esatto inverso: le università più deboli vanno riempite di docenti giovani e competenti, entusiasti, coperti di fondi affinché producano e portino all’eccellenza anche quegli atenei. L’offerta pubblica – a tutti i livelli – deve essere di qualità altissima e il più possibile di ugual qualità su tutto il territorio nazionale (con l’ovvia attenzione alle eccellenze: ingegneria navale a Perugia la vedo insensata).

4.d.3. Consentire a tutti gli studenti universitari di finanziarsi gli studi e le tasse. Obbligo per le Università di stabilire accordi con almeno tre banche (di cui almeno una locale e almeno una nazionale) per i finanziamenti agli studi universitari, garantiti da un fondo pubblico di garanzia.
Quale gloriosa americanata! Dai, mettiamo il futuro dei giovani, il loro diritto a formarsi, nelle mani delle banche. Già più o meno ce l’hanno diamoglielo del tutto.

Se non si fosse capito, ho in mente una scuola pubblica eccellente e gratuita, che consenta l’accesso ai massimi livelli sulla base del merito, non su quella del denaro.
Il denaro non deve poter comprare nulla di fondamentale per la vita: solo i gadget.

5.a.2 Liberalizzare davvero per far scendere le tariffe.
Ottimo. S’è visto come sono scese le tariffe in materia energetica dopo le liberalizzazioni. O nel campo del carburante.

Non sono un genio dell’economia ma vedo anch’io – chi non lo vedrebbe? – che il liberismo non funziona. Crea delle enormi problematiche economiche dove c’è un welfare state (Europa) o delle disgrazie sociali dove il welfare state non c’è (Stati Uniti). Non sono un fan della programmazione quinquennale di sovietica memoria ma credo che in molte materie l’intervento statale sia fondamentale per evitare che i ricchi si arricchiscano di più e i poveri si impoveriscano. Possibilmente dovremmo studiare un sistema per ottenere l’effetto opposto, riducendo il gap di benessere (anche tra le nazioni, ma è un altro discorso).

6.f.La riforma previdenziale introdotta da Elsa Fornero non verrà messa in discussione
Questa è la chicca. Ne parlavo in apertura: ci sono alcune questioni sulle quali ogni programma sano di sinistra deve mirare a smontare al più presto l’operato di Monti. Uno è il sistema previdenziale. È tassativo e inderogabile.

Assieme ci metto la modifica dell’Articolo 18 (che andava modificato, certo: estendendolo a tutti i contratti e imponendo pene più severe) e il pareggio di bilancio in Costituzione.

Appena possibile tratterò i punti positivi del programma fiorentino, quindi passerò a ciò che manca.
Il vero problema, però, non è soppesare pro e contro: è capire qual è l’idea di base che muove il modello renziano. E questo modello a me sembra del tutto inadatto alla sinistra, al buonsenso, all’amore fraterno che muove i cristiani. Parlo di fondamenti, ovviamente, non di singoli provvedimenti.

Ora andiamo, si fa tardi.

 
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Pubblicato da su 17 settembre 2012 in Politica

 

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