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L’Atlante di Smeraldo


Mi cimento con una non facile recensione letteraria, un po’ al di fuori delle mie competenze dirette ma senza dubbio ampiamente all’interno delle mie passioni.
L’Atlante di Smeraldo di John Stephens è un fantasy giovanile – nel senso che è per giovani – che sa parlare anche agli adulti; racconta le avventure di tre fratelli. Kate, Michael, Emma, abbandonati dai loro genitori in tenerissima età, con la promessa di far ritorno. Di mezzo, si capisce dalle prime pagine, c’è una profezia e un “signore oscuro” interessato a loro.
Si, un modello “potteriano”, con uno sviluppo da “Pullman”; questo non ne inficia la lettura e non riduce il piacere nell’addentrarsi tra le sue pagine, tutt’altro.
Il libro è tecnicamente ben costruito; la trama, pur abbastanza lineare, è indubbiamente resa avvincente dall’intreccio di diversi piani temporali. Seguirli e ricostruirli, a fine libro, tenerli a mente, durante la lettura, sono sfide non semplici; Stephens ne esce bene, con qualche soluzione originale su un impianto tutto sommato classico, comunque sempre godibile.

Si tratta di un romanzo classicamente fantasy, scritto per un pubblico giovane e che vede dei ragazzini come protagonisti. Non esclude temi più maturi, soprattutto connessi al dolore, ma neppure li approfondisce; è un Harry Potter “prima maniera”, il più genialmente bello della saga a mio parere. Anche senza dover fare confronti, si tratta di un fantasy valido, divertente – l’ironia è non solo nei personaggi ma anche e soprattutto nella mano dell’autore – ricco di spunti, anche classici: ci sono magia e nani, mostri oscuri e streghe, viaggi nel tempo, oggetti magici e oscure profezie.
Suona a volte come un romanzo confezionato a tavolino, mischiando elementi di successo, andando sul sicuro: forse è così ma la sua costruzione non danneggia il piacere della lettura. Tanto basta, secondo me.

L’influsso cinematografico-televisivo (Stephens è uno sceneggiatore) si avverte e non stona con la velocità del libro, il succedersi delle scene, i colpi a sorpresa che modificano la trama, la non-linerarità dei flussi temporali, tutto concorre a rendere il romanzo meno prevedibile di quanto ci si potrebbe aspettare e, anche dove scorre con più linearità, ugualmente interessante.
Merito, probabilmente, dei personaggi che, anche se ricalcano alcune figure già viste – Harry Potter, Gandlaf/Silente/il-solito-mago, la bella cattiva (con sfumature alla Bellatrix!), il buon guerriero dei boschi, un po’ Hagrid, un po’ Aragorn – hanno un loro taglio: profondi quanto serve, credibili, godibili, è facile stringere con loro un legame simpatetico. Ci si affeziona, a dirla breve. E, secondo me, qualche lacrima sul finale ci può anche stare.

Per concludere: l’ho divorato in meno di tre giorni e avrei finito molto prima se non fossi stato in giro per Roma. Staccarsi dalle pagine è difficile, c’è voglia di sapere come andrà a finire; non mi accadeva da tempo. Solo per questo lo consiglio. Vi avverto: si tratta di una probabile saga, I Libri dell’Inizio. Ne verranno altri, ne sono sicuro…
Non è certo il miglior libro della storia ma credo meriti uno spazio nelle biblioteche di ciascun cultore del genere. Dategli almeno un’occhiata, valutatelo, se serve stroncatelo. A me è piaciuto.

 
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Pubblicato da su 6 gennaio 2012 in Diari, Libri

 

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